Lombardia, Renzi lancia l'idea del ticket Moratti-Majorino
«Lo sanno gli amici del Pd lombardo: se domani mattina, in un momento di rinsavimento complessivo, Majorino decide di fare il vice della Moratti, noi in Lombardia si vince e dopo 30 anni la Lombardia cambia colore. Io ci credo fino all'ultimo». A lanciare la proposta per battere Attilio Fontana è il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, aprendo i lavori dell'assemblea nazionale del partito al centro congressi MiCo di Milano.
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Il senatore fiorentino sceglie Giuseppe Sala come interlocutore: «Lo dico al sindaco di Milano, di cui apprezzo la capacità amministrativa e un po' meno» la visione politica «come ha dimostrato alle ultime elezioni politiche. Se vi fa schifo vincere e vi piace partecipare, cambiate nome al partito e chiamatelo Partito De Coubertin», aggiunge.
«Abbiamo scelto di candidare in Lazio e in Lombardia i due assessori regionali (Alessio D'Amato e Letizia Moratti, ndr). Direte voi: uno viene da sinistra e uno da destra. Ma il problema non è da dove veniamo, ma dove vogliamo andare. Sia in Lazio che in Lombardia si potrebbe persino vincere. Ditelo piano in Lombardia, perché l'allergia» del Pd nazionale «si è trasmessa per contagio al Pd lombardo. È evidente che Letizia Moratti non è espressione della cultura politica di sinistra. Ci siamo arrivati anche noi, non pensavamo a un'omonimia: sappiamo che ha preso le distanze dalla politica della Lega di Salvini e di Fontana» e che ha preso le distanze dalle prime mosse del governo Meloni sui medici no vax. Insomma, secondo Renzi gli ingredienti per vincere e per mantenere la barra nel centrosinistra ci sono tutti.
A replicare ci pensa il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che su Twitter scrive: «Renzi propone il ticket Moratti-Majorino per battere Fontana in Lombardia. Se proprio vogliamo, l'unico ticket che rispecchi i valori in campo è Majorino-Moratti, col primo candidato presidente». Lo stesso Gori, tre giorni fa, aveva lanciato un monito al Partito democratico: «Se Elly Schlein vince le primarie potrei lasciare il partito». Una frase che ha provocato subito polemiche e divisioni. Tanto che, poco dopo, Gori è parso in parte ritrattare: «Non ho alcun problema con Schlein. Non così se la Carta fondativa del Partito democratico, che risale a Prodi e a Veltroni, sarà stravolta in nome di una surreale crociata contro l'economia di mercato. Se dovesse accadere, il Pd non sarebbe più il Pd e molti non vi si riconoscerebbero più. Io stesso avrei difficoltà a restare».
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