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Regionali nel Lazio, centrodestra ancora senza candidato

Susanna Novelli
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Nessun tamtam tra segreterie di partito o tra gli eletti. Per la scelta del candidato alla presidenza della Regione Lazio il centrodestra, o meglio Giorgia Meloni, prende ancora tempo. È lei a decidere e sarà lei ad annunciarlo. Quando? Nessuno lo sa. Quel che in molti danno per certo però è che la prima uscita pubblica del candidato governatore sarà nella tre giorni di eventi, dal 15 al 17 dicembre, a piazza del Popolo, per festeggiare i primi dieci anni di Fratelli d'Italia. Di tempo da perdere, del resto, non ce n'è più. Ufficializzata la data delle elezioni nel Lazio per il 12 febbraio, restano di fatto dieci settimane, di cui almeno tre sotto le feste natalizie. Il termine massimo per la presentazione delle liste dei candidati al Consiglio regionale è quello del 12 gennaio. Dunque un mese scarso di campagna elettorale.

Poco ad esempio per far conoscere un personaggio che non sia già noto alla cittadinanza e per quanto i sondaggi (gli ultimi danno Fratelli d'Italia nel Lazio intorno al 34%) possano tranquillizzare, dall'altra parte del campo il centrosinistra ha il vantaggio di schierare l'assessore alla Sanità, Alessio D'Amato, da tre anni praticamente ovunque sul territorio. Sarebbe questo uno dei motivi per cui la scelta di un candidato civico - si era parlato del presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca stia di fatto tramontando anche per una «non convinzione» degli alleati della Lega e di Forza Italia. Entrambi alla finestra, nell'attesa che la leader del partito di maggioranza cali l'asso.

«Aspettiamo una proposta di candidatura con serenità, nel frattempo stiamo però lavorando sulle liste dei candidati», dice il segretario romano della Lega Salvini Premier, Davide Bordoni all'indomani della sua prima riunione con tutti gli eletti e i coordinatori del partito.

Anche Forza Italia chiama a raccolta i suoi con una prima manifestazione "ufficiale" per le regionali il 16 dicembre. Bocche cucite invece in Fratelli d'Italia dove imbarazza il «caso Fabio Rampelli». Il cofondatore del partito, vicepresidente della Camera, considerato il "mentore" di Giorgia Meloni, dato con insistenza come tra i più papabili candidati per la presidenza della Regione non troverebbe tuttavia il consenso della stessa leader. Anche il nome dell'ex consigliera regionale e oggi deputata, Chiara Colosimo, sempre presente nel totonomi, sembrerebbe aver perso qualche punto. Sul tavolo, al momento, tre le papabili candidature: l'europarlamentare ed ex sindaco di Terracina, Nicola Procaccini, il deputato Paolo Trancassini e Roberta Angelilli, già europarlamentare e vicepresidente dell'Europarlamento. Profilo poi sempre valido quello "moderato" dell'ex vicepresidente della Regione, Luciano Ciocchetti, anche se l'intenzione della Meloni sarebbe quella di mettere in campo un nome legato a doppio filo alla storia di Fratelli d'Italia, ovvero della destra. Una partita non facile, quella del Lazio.

Nonostante i sondaggi favorevoli la scelta del candidato può decidere l'esito delle urne. È accaduto con le elezioni per il sindaco di Roma. Ripetere l'errore, stavolta, avrebbe conseguenze peggiori. Giorgia Meloni è romana. Il partito che oggi si appresta a festeggiare i dieci anni fonda le sue radici nella Città eterna. Perdere in casa stando al governo del Paese significherebbe dare uno scossone importante proprio alla sua leadership. Sarà per questo che gli alleati restano a guardare? Chi invece non resta a guardare è il centrosinistra. Il Pd ha formato le commissioni per la formazione delle liste. Alessio D'Amato è in piena corsa, forte dell'appoggio anche del Terzo Polo e sempre con la speranza di stringere un accordo - quasi impossibile ormai - con i Cinquestelle. Se da una parte il Pd senza il «campo largo» ha poche possibilità di vittoria, dall'altra è pur sempre il partito che governa la Capitale e la «chiamata alle armi» della sinistra potrebbe ricompattare quell'elettorato - di centrosinistra - che alle elezioni del 25 settembre è rimasto a casa. Alessio D'Amato poi, pur essendo politico di lungo corso, non è percepito dalla cittadinanza come uomo di partito. Elementi che il centrodestra non può e non deve sottovalutare. Così come le ultime elezioni della Capitale insegnano. 

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