Tim, il governo vuole accelerare sul dossier: le mosse di Meloni
Il dossier Tim è sul tavolo del governo che domani incontrerà i sindacati per discutere della questione a due giorni dalla scadenza del Mou del 30 novembre data entro la quale Cdp dovrebbe presentare un’offerta non vincolante per la rete. Al centro dell’incontro voluto dal presidente del consiglio Giorgia Meloni, il futuro dell’azienda e gli sviluppi finanziari per arrivare all’infrastruttura unica. Una cosa è certa: l’obiettivo sia del governo Meloni che, in precedenza, di quello Draghi è arrivare a una infrastruttura, strategica come la rete in fibra, in mano pubblica. Per le telecomunicazioni «le infrastrutture strategiche devono essere sotto il controllo pubblico», ha detto Meloni, ai sindacati a Palazzo Chigi lo scorso 9 novembre riferendosi proprio a Tim. «Nessuno tra vecchio e nuovo governo sta dicendo qualcosa di diverso dal fatto che la rete unica è importante, poi ci sono alcuni che suggeriscono un modello per realizzarla e altri uno diverso. Ad oggi non c’è una divergenza sul risultato finale ma un contraddittorio su come arrivarci», ha osservato l’ad di Tim, Pietro Labriola, pochi giorni fa. «Quello che dobbiamo mettere sempre al centro - ha detto ancora - è il futuro della società, stiamo navigando in un contesto complesso, voglio ringraziare i 42mila colleghi che da 10 anni lavorano con riduzione di orario e stipendio».
"Funzionari ostili". Guerra di Meloni ai mandarini di Stato: cosa succede
Il 30 novembre si capirà se l’opzione di integrare la rete di Tim in quella di Open Fiber - di cui la Cdp detiene il 60% - ha ancora qualche chance. Nel caso in cui non si arriverà a dama, sarà il nuovo governo a dover trovare una soluzione alla questione. Al momento l’accordo appare difficile perché Vivendi che è l’azionista principale di Tim con il 23,7% del capitale avrebbe chiesto, secondo quanto trapela, oltre 30 miliardi per la rete. Una valutazione giudicata esagerata da Cdp. Inoltre, secondo indiscrezioni, la premier avrebbe chiesto a Cdp di non presentare alcuna offerta perché non condividerebbe la lettera d’intenti siglata con Tim nel maggio scorso. In questo quadro si inserisce il «Piano Minerva» messo a punto la scorsa estate dal sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti che punterebbe su un’opa di Cdp su Tim, investendo molto meno di quanto sarebbe necessario per comprare la sola rete, per poi procedere alla vendita degli asset commerciali attraverso cui ridurre il debito, trasformando il gruppo in un operatore ‘wholesale only’ come vorrebbero il governo e le indicazioni di Bruxelles. Con Vivendi e Kkr che potrebbero restare con una quota di minoranza così come Macquarie, attraverso il conferimento di Open Fiber, di cui ha il 40%. Una bella gatta da pelare.
Il potere economico già fa la guerra a Meloni. Bisignani: tanti marziani da abbattere