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M5S, il compagno Conte si tiene tutto il malloppo delle restituzioni

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Angela Barbieri
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Duemila euro al partito ogni mese: il M5S potrebbe presto mandare in soffitta la vecchia regola dei versamenti per le restituzioni, vale a dire le donazioni effettuate dai parlamentari per sostenere progetti a favore della collettività rinunciando a parte di indennità e diaria. L'ipotesi al vaglio dei vertici prevedrebbe un'unica donazione secca mensile degli eletti, da duemila euro appunto, ma tutta destinata a finire nelle casse del M5S.

«Saranno poi i vertici (cioè Giuseppe Conte, ndr) a stabilire modalità e importi per opere da destinare ai cittadini spiegano autorevoli fonti del Movimento all'Adnkronos Una quota parte variabile di volta in volta, a seconda dei margini di spesa disponibili». Se il restyling dovesse andare in porto, si tratterebbe di una novità epocale per un Movimento che ha fatto delle restituzioni uno dei suoi cavalli di battaglia. Nella scorsa legislatura i parlamentari erano tenuti a versare 1.500 euro mensili al fondo per le restituzioni e 1.000 al partito. Inizialmente addirittura deputati e senatori M5S erano tenuti a presentare gli scontrini dei giustificativi delle loro spese - «non fate una vita francescana ma tutto quel che avanza donatelo alla collettività», li esortò Beppe Grillo - metodo poi sostituito da un più semplice forfait durante la reggenza Crimi. Ma il versamento diretto al partito non sarebbe l'unica novità allo studio: i parlamentari da questa legislatura forti di un ruolo istituzionale potrebbero anche finire per percepire l'indennità di carica, "tesoretto" finora reso alla collettività. Anche in questo caso, però, la maggior parte degli importi due terzi per l'esattezza, stando alle stesse fonti - dovrebbe finire nelle casse di via di Campo Marzio, solo un terzo trattenuto dai diretti interessati. Oltre a restituzioni e indennità di carica, altro aspetto al vaglio del Comitato di garanzia grillino - di cui fanno parte Roberto Fico, Laura Bottici e Virginia Raggi - è quella di «scontarè di ben l'80% la restituzione dell'assegno di fine mandato che, tra novembre e dicembre, i parlamentari uscenti del Movimento vedranno accreditato sul loro conto.

Si tratta della liquidazione di circa 44mila euro per legislatura - dunque poco meno di 90mila euro per chi è saltato sulla tagliola del doppio mandato- che, per le regole del M5S volute agli albori da Grillo e Gianroberto Casaleggio, i deputati e senatori 5 Stelle dovrebbero rendere alla comunità. Come hanno fatto, all'epoca, Alessandro Di Battista, solo per citarne uno. Tre legislature fa, quando il M5S approdò in Parlamento, il tesoretto del Tfr andava reso per intero. Poi Luigi Di Maio, da capo politico, intervenne sulla norma, sforbiciando la restituzione di un terzo: due terzi alla comunità, un terzo tenuto dai parlamentari come liquidazione. Molti però- la maggior parte dei 46 uscenti- hanno puntato i piedi, convinti di non dare indietro nemmeno un euro. Ragion per cui ai piani alti si sta ragionando su uno sconto «corposo, ovvero chiedere indietro il 20% della liquidazione spettante agli uscenti». Si tratterebbe di poco più di 8mila euro per singola legislatura al posto di 44mila. Il che farebbe crollare un potenziale tesoretto teso anche a ridare ossigeno alle casse del Movimento, rilanciandone ad esempio l'azione politica sui territori: si passerebbe, infatti, da circa 4 milioni di euro a meno di 400mila. Infine, nell'elenco delle donazioni ricevute dal M5S per la campagna elettorale a settembre salta all'occhio l'assenza di molti parlamentari uscenti che non hanno contribuito alla causa. Ma ci sono anche volti nuovi. E soprattutto un sostegno da 10 mila euro da chi si era stato inserito da Conte nel suo listino, come Chiara Appendino, Federico Cafiero De Raho, Stefano Patuanelli e Livio De Santoli. Quest' ultimo non è stato eletto, ma è in pole per essere candidato governatore alla Regione Lazio

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