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Arriva lo Sblocca-lavoro: voucher e contratti a tempo, cosa cambia

Filippo Caleri
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Pronti a rimettere mano, da gennaio, alle norme che disciplinano il mondo del lavoro. Il governo non perde tempo e, tra i primi atti del prossimo anno, ha messo in cantiere, secondo quanto risulta a Il Tempo, una revisione della normativa che disciplina, in particolare, i contratti a tempo determinato e l'uso dei voucher lavoro. La Manovra, infatti, inizia da oggi il suo iter naturale. Una volta licenziata dal Consiglio dei ministri, il testo della legge di Bilancio arriverà nella aule parlamentari. Un cammino nel corso del quale le modifiche saranno poche visti tempi e risorse ridotte.

 

Così l'esecutivo è già di fatto proiettato all'elaborazione di nuovi provvedimenti economici fortemente orientati al mondo del lavoro. Un settore cruciale sul quale Meloni e suoi ministri hanno investito risorse per il taglio del cuneo fiscale (la differenza tra salario lordo e quello netto) fino a tre punti percentuali.

Visto che, con i fondi scarsi a disposizione, di più non sarà possibile fare, nel 2023 si passerà alla parte normativa della disciplina del lavoro. Dunque riforme a costo zero che porteranno anche l'inevitabile contrapposizione con il mondo sindacale più radicale.

Fonti di governo hanno spiegato a il Tempo che la linea seguita sarà quale di riportare indietro le lancette delle regole a prima del decreto dignità del governo Conte e, nel caso dei buoni per i cosiddetti «lavoretti», alla fase precedente l'intervento limitativo attuato da Renzi. Oggi la durata dei contratti a termine è fissata al massimo in dodici mesi con possibilità di estensione a 24 mesi solo in presenza di condizioni come esigenze temporanee estranee all'ordinaria attività, o anche la sostituzione di altri lavoratori o situazioni collegate a incrementi temporanei di produzione.

 

Norme restrittive, queste ultime, introdotte dal provvedimento del governo Conte, e che sarebbero modificate per tornare alla situazione preesistente. Che contemplava contratti a tempo più liberi e con il solo vincolo che non eccedesseroi 36 mesi di durata complessiva.

Non è tutto. Il cantiere della riforma delle norme che disciplinano i contratti toccherebbe anche lo strumento di voucher, e cioè di quel meccanismo di contribuzione per chi offre prestazioni di lavoro temporanee, introdotto con la legge Biagi del 2003 e cresciuto da dismisura negli anni (dai 2,7 milioni nel 2009 si è arrivati a 134 nel 2016). Una modalità di retribuzione e di contribuzione considerata una nuova forma di precarizzazione del lavoro e che ha spinto la Cgil a chiederne la limitazione per evitare che lavoro ordinario fosse sostituto da strumenti a minore tutela.

 

Una stretta arrivata con il governo Renzi che ha introdotto limiti massimo di compensi annui (che da quel momento non potevano superare i 5mila euro netti), creato due tipologie di buoni lavoro: una per i lavoretti nelle famiglie, l'altro per le aziende, e introdotto stingenti modalità di comunicazioni all'Inps dell'avvio della prestazione. Una gabbia normativa che ha depotenziato lo strumento al punto che, lo stesso decreto dignità, nato per aumentare la tutele al precariato, ha agito per garantirne una maggiore flessibilità d'utilizzo soprattutto in ambito agricolo e nel settore turistico, solo nel caso, però, di imprese di piccole dimensioni.

L'esecutivo Meloni vorrebbe far tornare in auge il voucher allargando le modalità di utilizzo ad altri settori, oltre a quelli menzionati, e riducendone le formalità per l'utilizzo. Una strategia che potrebbe favorire l'uscita di molti piccoli lavoretti dal sommerso dove, dopo le modifiche, si sono inabissati. 

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