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Il bluff della casta: meno deputati alla Camera, ma stessa spesa

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Il taglio del numero dei parlamentari non ha portato a risparmi reali nelle spese della Camera. A svelare l’assurdità è Francesco Verderami sul Corriere della Sera, spiegando che la scorsa estate, prima dello scioglimento delle Camere, c’è stato il via libera all’aumento dei costi della politica. Meno seggi avrebbero significato meno soldi per le forze politiche e così sono stati ideati alcuni stratagemmi per evitare il problema. Nella “previsione pluriennale” è stato deciso di non modificare la “dotazione” dello Stato, con la Camera che continuerà a percepire 943 milioni di euro anche nel 2023 e nel 2024. 230 seggi in meno non hanno avuto quindi benefici per le casse dei contribuenti. 

 

 

“Ma il vero capolavoro - scrive Verderami - si cela dietro un’altra voce. Siccome non si poteva agire sul fondo per le ‘indennità dei parlamentari’, che infatti diminuisce dai 145 milioni del 2022 ai 93 milioni del 2024, si usava l’escamotage dei ‘contributi ai gruppi’ per foraggiare i partiti. I 30,8 milioni attribuiti per l’anno in corso si riprodurranno anche negli anni seguenti. Se i gruppi nella legislatura con 630 seggi percepivano 49 mila euro l’anno per ogni deputato, con 400 seggi ne otterranno 77 mila a deputato”. E non ci sono partiti che si salvano da tale blitz sui conti, Movimento 5 Stelle compreso.

 

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