Renzi e il retroscena della proposta a Letta: “Non mi ricandido”. Poi il suicidio del Pd
Si parla anche di politica nel libro “Il Mostro” di Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva, nella sua enews del 18 novembre, racconta di una proposta fatta ad Enrico Letta, segretario del Pd, prima che si arrivasse alla crisi del governo Draghi e allo scioglimento anticipato delle Camere. Questo quanto scrive l’ex premier nel suo libro: “La risposta di Letta non arriva da una telefonata o in un incontro ma da un pezzo che apre «Repubblica» del 22 luglio. Lo firma Stefano Cappellini. È uno di quei pezzi che non sono vere e proprie interviste ma che contengono la reale rappresentazione di ciò che il politico vuol dire o fare davvero. Nulla di male, è un modus operandi che spesso viene utilizzato da giornalisti di tutti i media e da politici di tutti i colori. Ma quando vedo Cappellini scrivere che Letta vuole tutti tranne Italia Viva lo stupore è pari solo alla voglia di reagire. Ma come: ti ho detto che ci sono, che ti do una mano, che se ti serve non mi ricandido e tu per tutta risposta mi fai leggere dai quotidiani che fai l’alleanza più aperta possibile ma con un solo veto: il veto a Italia Viva. La ragione? Abbiamo un sondaggio di Pagnoncelli che ci dice che solo l’1% degli elettori del Pd vuole fare un accordo con te. Lo stesso sondaggista mi chiamerà qualche giorno dopo per scusarsi e mettermi a conoscenza del suo disagio: quel sondaggio non diceva ciò che le veline del Pd tiravano fuori per giustificare la nostra esclusione”.
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“Il giorno dopo - prosegue il retroscena di Renzi - l’ufficio stampa del Pd spiega a tutte le altre redazioni che l’articolo di Cappellini, pur in assenza di virgolettati, rispecchia perfettamente il pensiero del segretario Letta. Io non chiamo Enrico. E non mi faccio vivo. Dico ai miei: calmi. Lasciate fare. Hanno appena firmato il loro suicidio politico. Poi il 23 luglio alle 11.57 Letta mi chiama. Io non sento la sua telefonata su whatsapp. Ci cerchiamo per un paio di volte. Alla fine ci parliamo nel pomeriggio. La telefonata dura meno di cinque minuti. Io non ho nulla da dirgli. Aspetto che parli lui. «Ti volevo dire che nessuna decisione è presa e che l’articolo di Cappellini non è il mio pensiero.» Gli rispondo: «Ma mi prendi in giro?». Glielo dico come un fiorentino deve dirlo a un pisano, ma sono frasi che non si possono scrivere in un libro. «Hai scelto, Enrico. Ma sappi che stai distruggendo il Pd e soprattutto stai dando il governo per cinque anni alla Meloni. Solo per un fatto di rancore personale.» «No, ma niente è deciso. Ho la base che non ti vuole per gli screzi del passato.» «La base che non mi vuole per gli screzi del passato è la stessa base cui chiederete di votare Di Maio, magari a Bibbiano. Ma che cosa stai dicendo? Ma per una volta nella tua vita prenditi una responsabilità. Di’ che preferisci perdere le elezioni pur di vendicare l’affronto che ritieni di aver subito nel 2014.» «Sbagli, non ho niente di personale contro di te.» Mi scappa una risata”.
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“Sono in giardino a casa con mia moglie che assiste stupita ma divertita a questo dialogo. «Ti chiamo nei prossimi giorni» mi dice lui. Sì, certo, come no. È l’ultima telefonata con Letta. Immagino che per lui sarà stata una liberazione. “Ho fatto fuori Renzi dal Parlamento” avrà pensato. Vendetta è fatta. Finirà che si è fatto fuori da solo” la parte finale dell’estratto del libro scritto da Renzi.
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