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La richiesta di Giorgia Meloni all'Europa: fondi di coesione sulle bollette

Carlantonio Solimene
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Non è un caso se oggi, a margine degli incontri che Giorgia Meloni terrà a Bruxelles con i presidenti dell’Europarlamento, Roberta Metsola (alle 16.30), della Commissione, Ursula von der Leyen (17.30) , e del Consiglio europeo, Charles Michel (19), non siano stati previsti punti stampa o conferenze congiunte. Perché l’esito di questi faccia a faccia è una grande incognita. In due casi su tre - von der Leyen e Michel - si tratta di una prima assoluta con la premier italiana. I colloqui, quindi, serviranno innanzitutto per conoscersi e, da parte delle istituzioni continentali, per «prendere le misure» del fenomeno Meloni. Capire, cioè, qual è la versione più vicina alla realtà della neo presidente del Consiglio. Se si tratta della leader che ha fondato parte della sua scalata politica sulla critica alle istituzioni dell’Unione o della premier che, fin dall’ultima campagna elettorale, ha assunto posizioni più concilianti e collaborative con Bruxelles.

Certo, non ci saranno solo convenevoli, ma anche questioni sostanziali da affrontare. Che riguardano naturalmente i nodi economici che Italia ed Europa si trovano ad affrontare nell’immediato. Tradotto: caro bollette e attuazione del Pnrr. Si tratta di due temi, peraltro, che Meloni vorrebbe collegare, convinta com’è che gli obiettivi fissati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza siano ormai del tutto superati rispetto all’emergenza energetica provocata dalla crisi ucraina. Non è escluso, quindi, che la premier torni a chiedere un possibile spostamento di quei fondi dalle infrastrutture al caro bollette. Un fronte sul quale, però, è difficile che von der Leyen ceda. Gli unici cambiamenti del Pnrr che l’Europa sarebbe pronta ad accogliere riguardano l’eventuale riduzione dei progetti da realizzare, considerata l’impennata del costo delle materie prime che rende irrealistici diversi punti del piano.

 

 

 

Più facile che Meloni ottenga il via libera sulla seconda richiesta. Quella, cioè, di mitigare la crisi energetica attraverso l’utilizzo delle risorse non spese dei Fondi di coesione 2014-2020. Una fetta che per l’Italia ammonta a 14 miliardi e sulla quale la Commissione ha già aperto. Con due incognite: la prima è che, per ragioni tecniche, non tutti possono essere usati; la seconda è che si può cambiare l’utilizzo ma non il destinatario. L’80% dei fondi, insomma, andrebbe investito sul Sud. Ma il governo potrebbe aggirare il problema compensando con fondi «interni» Nord e Centro.

Poi ci saranno gli altri fronti. Meloni comunicherà la volontà di innalzare l’indebitamento netto italiano nel 2023 al 4,5% rispetto al 3,4 immaginato da Draghi. Inoltre insisterà affinché la Commissione lavori rapidamente al disallineamento dei prezzi tra le varie fonti energetiche e che, soprattutto, vinca le timidezza manifestata negli ultimi mesi e dia finalmente alla luce la proposta sul «price cap» dinamico rientrata nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo ma rimasta ancora lettera morta a causa delle ritrosie di Germania e Olanda. Infine la premier italiana si farà garante del rinnovato impegno al fianco dell’Ucraina, sotto forma sia di risorse economiche che di invii di armamenti. Chiedendo, però, che il prezzo della «solidarietà» a Kiev sia in qualche modo condiviso. Cioè che l’Europa dia vita a un «Recovery» energetico sul modello di quello varato per la pandemia da Covid. Peccato che, da questo punto di vista, le premesse siano tutt’altro che buone. A testimoniarlo, ieri, il primo «bilaterale» del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che a Berlino ha incontrato l’omologo tedesco Christian Lindner. Il leghista ha insistito sulla necessità di una «risposta europea» alla crisi energetica. Il ministro di Scholz ha risposto esponendo a Giorgetti il piano tedesco. Che prevede, al contrario, l’iniziativa di un singolo Stato con uno stanziamento monstre di 200 miliardi. Perché la Germania, a differenza degli altri, se lo può permettere. Un atteggiamento molto più «sovranista» che «europeista».

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