Scarpinato accusa, Bongiorno difende. Al Senato come nel processo Andreotti
Per un momento è sembrato davvero di tornare lì, a 23 anni fa, all’aula del Tribunale di Palermo. Il pm Roberto Scarpinato a sostenere le tesi dell’accusa, l’avvocato Giulia Bongiorno a interpretare la difesa. Solo che stavolta l’imputato non era Giulio Andreotti, come nell’ottobre 1999, ma Giorgia Meloni. Scarpinato, oggi senatore del M5S, pronuncia un’arringa durissima: accusa la premier di avere nel suo pantheon i protagonisti della «strategia della tensione» - Pino Rauti, Ordine nuovo - e di basarsi sull’appoggio di un partito, Forza Italia, «che ha le sue origini nella mafia». Dopo Scarpinato tocca a Bongiorno. Ed è davvero revival. «Mai avrei immaginato 20 anni dopo di prendere la parola dopo il dottor Scarpinato», esordisce l’ex ministra della Lega. Per poi affondare il colpo sulla «controparte»: «Il suo più che un intervento è stato una requisitoria».
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A margine, qualche minuto dopo, l’avvocato regalerà al Tempo qualche dettaglio: «È stato proprio come al processo Andreotti. I protagonisti "principali" erano Caselli per l’accusa e Coppi per la difesa, ma loro non c’erano mai. Così in Aula ci sfidavamo sempre lui ed io. E sempre in quest’ordine, per ogni eccezione sollevata in Aula. Prima Scarpinato, poi Bongiorno. E lui aveva sempre questo modo di parlare tranquillo, quasi sottovoce, mentre in realtà diceva cose terribili. Esattamente come oggi».
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In attesa di scoprire se il duello finirà come nell’ottobre 1999 (allora Bongiorno ottenne l’assoluzione piena per Andreotti, era il primo grado), a difendersi in prima persona è stata la stessa premier Meloni: «Senatore Scarpinato, dovrebbe colpirmi che da una persona che ha avuto l’opportunità di giudicare gli imputati in tribunale emerga oggi un atteggiamento così smaccatamente ideologico. Purtroppo mi stupisce fino a un certo punto. L’effetto transfer che ha fatto tra neofascimo, stragi e sostenitori del presidenzialismo è emblematico dei teoremi con cui parte della magistratura ha costruito processi fallimentari, a cominciare dal depistaggio nel primo giudizio per la strage in via D’Amelio. E questo è tutto quello che ho da dire». Non poco, in ogni caso.
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