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Il Pd di Letta e Boldrini dà la caccia ai fantasmi. Bonaccini chiede un'opposizione diversa a Meloni

Christian Campigli
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Due enormi cuscini, pieni di piume d'oca. Giorgia Meloni non ha davvero di che preoccuparsi. Almeno se l'opposizione continuerà con questa patetica, inutile e stantia linea politica. Enrico Letta, Debora Serracchiani e Laura Boldrini non hanno evidentemente appreso nulla dal 25 settembre. Quando il loro Pd è stato letteralmente raso al suolo dagli elettori, prima ancora che dalla destra. Un milione in meno di voti rispetto al 2018 è un campanello d'allarme che dovrebbe spaventare qualsiasi politico lungimirante. E invece, gli esponenti progressisti proseguono con la stessa litania: è fascista, non usa l'articolo la accanto alla parola presidente, ha osato dare del tu al deputato Aboubakar Soumahoro dimostrando una forma inconscia di razzismo. Tutti argomenti che, alla stragrande maggioranza degli Italiani, interessano tra lo zero e il meno un miliardo.

 

 

Il nulla fotonico, in buona sostanza. Fa eccezione, in questa melassa di retorica, il governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che sulla propria pagina Facebook ha espresso un concetto tanto logico quanto semplice. “Lascerei perdere polemiche su il/la e proverei a sfidare il governo sui fatti. Un esempio? perché Meloni dice sì ai rigassificatori e mentre a Ravenna lo faremo con il consenso di tutti i partiti e le parti sociali, al servizio del Paese, a Piombino sindaco di Fdi guida la protesta contro? Coerenza?”. Un tema certamente interessante, quello introdotto dal nativo di Campogalliano. Che si candida come unico, vero e possibile successore di Enrico Letta. Carismatico ma concreto, diretto ma non aggressivo, l'attuale governatore emiliano potrebbe davvero traghettare il Partito Democratico oltre l'attuale palude. La sinistra, se vuol provare a risorgere, deve usare questi cinque anni per riorganizzarsi da un lato e pungere quotidianamente il governo su economia, infrastrutture e ambiente dall'altro.  Non può affidare alle polemiche interne (Silvio Berlusconi, Giorgio Mulé e Licia Ronzulli) o alle dinamiche internazionali (guerra, pandemia, caro bollette) le uniche speranze di una fine anticipata dell'esecutivo guidato da Giorgia Meloni.

 

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