Fabio Rampelli confessa l'emozione: "Ho pianto quando ho ascoltato Giorgia Meloni, sogno che si avvera"
Onorevole Fabio Rampelli, da Colle Oppio a Palazzo Chigi...
"È una giornata memorabile, in cui in un colpo solo si concretizzano i sogni che pensavamo fossero utopie irrealizzabili. Oggi, noi, alla guida della Nazione".
Si è commosso più volte durante il discorso della premier.
"Sì, tre volte, mi sembra. È la dimostrazione che i nostri sentimenti sono sempre stati puri e profondi».
Cosa le è piaciuto di più del discorso?
«È stata una dichiarazione programmatica monumentale. Ha tenuto insieme due esigenze fondamentali che poi sono due categorie dello spirito: da un lato l’identità, dall’altro la necessità di condividerla, di metterla a disposizione di tutti, di non chiuderla. Ho apprezzato gli indirizzi sociali, i passaggi sulla politica estera, quelli sui flussi migratori visti, ovviamente, da destra, e cioè lontani da qualsiasi pulsione razzista. Infine mi è piaciuta la rivendicazione del traguardo epocale di una donna presidente. Una rivoluzione culturale vera, fatta dalla destra mentre la sinistra si perde in chiacchiere e cortei».
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Ha parlato di sogni che sembravano irrealizzabili. In quale momento, invece, ha capito che non lo erano?
«Una premessa: sembravano irrealizzabili perché il nostro cammino è partito dal Movimento Sociale. Un contesto nel quale non era facile costruire una destra "senza il torcicollo", non nostalgica, europea, moderna, solidaristica. Un momento fondamentale è stato la svolta di Fiuggi di Alleanza Nazionale, ma a fronte di un’immagine che cambiava la destra non era ancora matura. Ma se devo pensare al vero snodo cruciale è stato la nascita di Fratelli d’Italia, nel 2012. È vero che prendemmo solo l’1,97%, ma essere riusciti a sopravvivere fu fondamentale: perché in quel partito e in quella leadership c’era già tutto il potenziale di quello che sarebbe successo».
Vi spaventa tradire le grandi aspettative che avete scaturito?
«No, perché avvertiamo il clima di simpatia, di indulgenza verso di noi. La gente ha la consapevolezza dell’attuale situazione drammatica, ma sa che noi siamo del tutto innocenti rispetto a quello che si è verificato finora. E quindi è anche disposta a perdonarci qualora non riuscissimo a realizzare subito quello che vorremmo per l’Italia».
Altri exploit politici sono durati molto poco...
«A noi non succederà, perché arriviamo da una storia infinita, abbiamo un pensiero forte dietro le spalle. Siamo strutturati sul territorio, nei corpi intermedi, nel terzo settore, nel volontariato. Non ha vinto una sola persona, ma tutto un mondo e una storia».
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Quando ha capito che Giorgia Meloni sarebbe stata la persona giusta per guidare la destra al governo del Paese?
«Nel 1998, quando aveva 20 anni e faceva il suo ingresso nelle istituzioni locali».
Al ragazzo Fabio Rampelli, che cominciava la sua attività politica nei movimenti studenteschi e poi nelle sezioni, oggi che direbbe?
«Di non mollare, perché alla fine il coraggio paga sempre. Gli direi di non mollare perché gli ostacoli da affrontare sono stati tantissimi. Non è stato facile intraprendere un progetto rivoluzionario in un ambiente per certi versi abituato a convivere nella naftalina. Pensi che mi chiamavano il "demoproletario di Roma", perché organizzavo i centri ricreativi estivi per bambini, dormivamo in tenda al fianco di alcuni immigrati aggrediti dai naziskin, andavamo a fare i volontari sui fronti di guerra, come in Croazia e Bosnia».
E ci sono persone che l’hanno accompagnata nella sua lunga traversata che oggi non ci sono più e a cui vorrebbe dedicare questa giornata?
«Ce ne sono tre. Paolo Colli, con cui fondammo nel 1986 l’associazione ambientalista Fare Verde. Poi Alessandro Vicinanza, una delle più lucide teste pensanti che hanno contribuito a elaborare il nostro progetto politico. Infine Paolo Di Nella, che rappresentò lo spartiacque tra la politica degli anni ’70 e le nuove generazioni che superarono grazie al suo sacrificio l’orrore dello scontro».
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