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Ronzulli, Calderone e Roccella: sono tre donne le spine di Meloni

Luigi Bisignani
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Caro direttore, battesimo di fuoco per la Presidente Meloni. La corona appena posata sul suo capo, già rischia di riempirsi di spine a causa - ironia della sorte - di tre donne. Poche ore dopo, con la campanella ancora in mano per il rituale del passaggio di consegne, la Premier incontrerà Emmanuel Macron in visita a Roma. Secchiona com'è, arriverà sicuramente preparatissima su tutti i dossier: sa bene, infatti, che l'impressione del Presidente francese farà il giro del mondo, soprattutto delle cancellerie europee, curiose di scoprire davvero chi è e cosa vuole questa donna tosta e minuta che, senza padri né padrini o poteri forti alle spalle, ha scalato la vetta del Belpaese. E Monsieur le Président, orfano di Mario Draghi e di Enrico Letta che gli hanno sempre tenuto bordone e manina, capirà che a Roma l'aria è cambiata. Alla Meloni è ben chiaro, infatti, che i governi di sinistra in Europa puntano al suo insuccesso, consci che un «Esecutivo Meloni» forte e autorevole potrebbe avere un effetto trascinamento per gli altri partiti europei di destra che oggi sono all'opposizione, a partire proprio da Vox in Spagna. Ma dal sistema di potere d'Oltralpe, la prima premier donna italiana potrà prendere anche qualche spunto. Un anno fa, Macron puntò una «fiche» sul nucleare e se anche Meloni vuole rilanciare l'Azienda Italia con idee vincenti, dovrebbe istituire una vera ed efficiente cabina di regia per la politica industriale. E sarebbe meglio insediarla a Palazzo Chigi, ma anche al Mef, dove con Giancarlo Giorgetti è finalmente arrivato un ministro politico dopo tanti ologrammi inconcludenti, da Padoan a Gualtieri, fino all'invisibile Daniele Franco, detto Alexa.

 

 

Un compito di coordinamento costante che potrebbe essere affidato a un fedelissimo della prima ora come Giovanbattista Fazzolari che in questi mesi ha trascorso molto tempo sui dossier più caldi, ascoltando imprenditori e soprattutto banche d'affari. Sarebbe da subito un bel viatico, di segno opposto a quanto accaduto negli ultimi anni, dove ogni grande azienda a partire dall'Eni e Leonardo, se n'è andata per conto proprio, senza alcun coordinamento e con i vari manager messi a capo che si sono sentiti investiti dal fuoco sacro se non addirittura colpiti da veri e propri deliri di onnipotenza. Per non parlare di Cassa depositi e prestiti, diventata nell'ultimo anno un ente di beneficenza senza strategia come dimostrano, per fare solo due esempi, i disastri di Tim e di Ansaldo. Ma, per ottenere qualche risultato, Meloni deve dare un segnale forte di discontinuità e avere il coraggio di allontanare quei manager e quei mandarini che in questi anni hanno bloccato il sistema sotto l'influenza del «sinistro Richelieu» Giavazzi. Partendo proprio da Cdp, dove dovrebbe chiedere da subito un passo indietro ai vari Gorno Tempini e Scannapieco, che hanno messo in stand-by l'Italia con la complicità del direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera, da sempre ombroso uomo della sinistra che si aggira di questi tempi nelle terrazze romane dei grandi alberghi in cerca di appoggi. Se Meloni e Giorgetti non daranno una scossa al sistema, evitando di ascoltare i consigli non disinteressati di Super Mario per tenere al loro posto i «Draghi boys», lasceranno la Nazione ai box di partenza.

 

 

E visto che la novità è lei, la presidente del Consiglio dovrà anche guardarsi bene, per assurdo, proprio da tre donne che, per motivi e ruoli diversi, possono rivelarsi delle spine nel fianco. La prima è, ça va sans dire, Licia Ronzulli: Meloni avrebbe fatto molto meglio a imbrigliarla in un ministero di seconda fascia anziché lasciarla senza redini come capogruppo al Senato che, con numeri già risicati e i tanti senatori al Governo, può diventare un Vietnam. La pasdaran, chiamata alla corte di Arcore da Alberto Zangrillo - medico personale di zio Silvio e fratello del neo ministro Paolo - inizialmente come semplice infermiera, ma poi utilizzata dalla figlia Marina per mettere ordine ai bunga bunga e per allontanare dapprima Maria Rosaria Rossi e poi Francesca Pascale, in un groviglio di delicate e intime relazioni che ne hanno fatto una zarina davanti alla quale nessuno, per motivi incomprensibili, ha la forza di dare un aut aut. Sarà la neo capogruppo al Senato a decidere come e quando creare problemi al governo, forte dei suoi segreti e del filo sotterraneo con la parte più oltranzista della Lega arrivando magari a far implodere Forza Italia dopo la saga dei sottosegretari. Ma la nostra premier ha altre due spine nel fianco: la ministra della famiglia Eugenia Roccella, un'oltranzista cattolica che userà il suo ministero per incendiare le piazze con battaglie ideologiche, magari sacrosante, ma che comunque verranno strumentalizzate. La terza e ultima spina risponde al nome della ministra del Lavoro Marina Calderone, amica personale di Meloni, favorevole al reddito di cittadinanza e addirittura fan dei famigerati navigator. All'annuncio del suo nome, sindacati di ogni colore, forze sociali, associazioni di categoria e ordini professionali sono insorti anche per l'invadenza che certamente avrà il marito Rosario De Luca. Sarà lui, a detta di chi li conosce bene, nonostante le dimissioni dall'Inps, il vero «ministro ombra».

La Giorgia tricolore sinora ha dimostrato grande determinazione nell'affrontare due uomini forti come Salvini e Berlusconi, ma con la Roccella e la Calderone dovrà sgranare ancora di più gli occhi. I suoi nemici e i nemici dell'Italia non aspettano altro che scendere in piazza con manifestazioni di ogni tipo, dagli studenti ai centri sociali, in nome di battaglie civili, con la Ronzulli, la Calderone (moglie e marito) e la Roccella che rischiano di trasformarsi nelle tre Erinni. Ma la Giorgia d'Italia, che da piccola è già scampata a un incendio, riuscirà a spuntarla anche questa volta usando l'estintore. Avendo peraltro già dimostrato di avere le spalle grosse e di essersi guadagnata la fiducia di gran parte degli italiani. Auguri, Premier!!!

 

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