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Mino Dinoi, presidente di Aepi, sul governo Meloni: bene il ministero del Made in Italy

Mario Benedetto
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Mino Dinoi, presidente di Aepi (Associazioni europee di professionisti e imprese), finalmente pronta la nuova squadra di governo. In particolare, rispetto alle vostre richieste a favore del Made in Italy e di un ministero a esso dedicato, immagino ci sia soddisfazione...
«Assolutamente, una profonda soddisfazione. Lo abbiamo proposto e rilanciato in più circostanze e alla presenza dei vari leader politici. Non da ultima la presidente Giorgia Meloni, intervenuta nel corso della nostra Festa nazionale appena un mese fa. Questo ministero rappresenta una svolta nel sostegno alle nostre piccole e microimprese che rappresentano il valore aggiunto in questo Paese. Made in Italy è Politiche agricole, ma è anche Innovazione tecnologica, così come Esteri, Cultura, Sviluppo economico e potrei continuare: importante, dunque, questo interlocutore unico in grado di lavorare in maniera esclusiva sulla promozione e tutela dei prodotti italiani. Pensiamo a quanto accaduto con Garavaglia: fu nominato ministro a febbraio e fu operativo solo dal mese successivo perché fu necessario un decreto per scorporarlo dal Mibact. Speriamo che un sottosegretario o meglio un viceministro possa ricevere la delega a occuparsi del solo Made in Italy. Per rendere operativo il ministero andranno scorporate le funzioni in materia oggi assegnate, inopinatamente secondo noi, al ministero degli Esteri».
Il «fatto in Italia» rappresenta un insieme di potenzialità economiche, ma anche culturali...
«È il cuore del ragionamento. L’export di beni e servizi in Italia rappresenta il 32% del pil. Siamo l’ottavo paese esportatore nel mondo con una quota di mercato del 2,7%. Ma non basta. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina stanno mettendo a dura prova le nostre imprese che hanno bisogno di strumenti per fronteggiare la contingenza del caro energia e, soprattutto, per poter guardare al futuro. In questo momento delicato dobbiamo sostenere con tutte le nostre forze l’export dei prodotti a marchio italiano, ritenuti non solo un simbolo del nostro Paese, ma un motore della nostra economia. Alimentare, arredamento e design, moda sono solo alcuni dei comparti che fanno grande l’Italia nel mondo. Quando esportiamo questi prodotti, stiamo raccontando il nostro ingegno, il nostro know how. In una parola, la nostra cultura». 
Qual è la vostra posizione rispetto a ciò che richiede un’economia di fatto «di guerra» come l’attuale?
«Serve concretezza e velocità. Provvedimenti urgenti e liquidità per famiglie e imprese. Siamo fiduciosi nei confronti del nuovo Governo. La sua azione non può prescindere da un’interlocuzione costante con i corpi intermedi, all’insegna di parole d’ordine quali confronto e collaborazione. Per questa ragione, a pochi giorni dal voto, avevamo espresso la necessità di una vera e propria consulta che veda insieme Governo e corpi intermedi. Come Confederazione AEPI, abbiamo immediatamente espresso la nostra disponibilità a farci portavoce delle istanze del tessuto produttivo “del fare” che rappresentiamo, in più comparti. Pensiamo ai bonus edilizi, che hanno dato nuovo ossigeno a un setore a lungo fermo. Abbiamo presentato una proposta di legge che istituisce un testo unico, prevedendo che Parlamento e Governo - in sede di legge di bilancio - determinino aliquote di detrazione valevoli almeno per un triennio. Il Superbonus è in piedi per i condomini fino al 31 dicembre 2023, ma nel corso del prossimo anno può essere approvata la nostra proposta di legge per essere operativi con testo unico e nuove aliquote dal 1° gennaio 2024. Intanto, per il 2023, servirebbe un intervento sul fotovoltaico (che oggi si può detrarre al 50%) prevedendo una nuova aliquota almeno al 70%, da far valere pure per le aziende. Il fotovoltaico è l’unico metodo rapido per far diventare energeticamente autosufficienti abitazioni e imprese». 
L’ultimo rapporto Caritas parla di un milione di poveri in più rispetto all’ultima rilevazione: quali le azioni necessarie per lo sviluppo, ma anche per il sostegno delle fasce effettivamente deboli?
«A preoccupare non sono solo i numeri e cioè l’aumento dei poveri, ma anche le fasce a cui appartengono. La cronaca ci racconta di padri separati, imprenditori o professionisti che hanno perso tutto, persone che - sino a poco tempo fa - appartenevano al ceto medio. E poi ci sono le tantissime famiglie in difficoltà - e non da oggi - per le quali occorrono sostegni. La soluzione, però, non sta nei sussidi: la gente ha bisogno di sicurezza e solo un posto di lavoro può garantirla. È a quello che dobbiamo puntare, non a mere forme di assistenzialismo, comunque preziose in determinati contesti di disagio e marginalità». 
Le imprese risentono delle difficoltà per l’export e dell’aumento del costo delle materie prime, per citare alcuni aspetti più critici. Cui si sommano le questioni annose come pressione fiscale e costo del lavoro. Il tutto richiede misure concrete, urgenti. Quelle europee sono sufficienti? 
«In queste ore ci giungono notizie confortanti su Price cap e risorse a disposizione degli Stati membri. È solo un primo passo. Sull’aumento del costo delle materie prime abbiamo chiesto di eliminare l’Iva sui beni di prima necessità e sostenere imprese e famiglie, complice il gettito Iva aumentato in conseguenza dei rincari. E poi un tetto sul prezzo del gas e dell’elettricità, la necessità di proseguire sulla strada dell’estensione del credito d’imposta. Queste bollette pazze, nei casi migliori, stanno determinando la paralisi, in quelli più gravi la chiusura di attività economiche».
C’è poi il tema del welfare.
«Può fare la differenza se davvero vogliamo essere competitivi e metterci al pari di molti Paesi europei. Intanto va detto che, in questo momento di crisi e per fronteggiare la carenza del potere d’acquisto, occorre incentivare il consumo di prodotti Made in Italy e un’economia circolare territoriale. Abbiamo suggerito taglio dell’Irpef, abolizione dell’Irap, pace fiscale, accorpamento delle micro-tasse e flat tax incrementale. Inoltre, nella nostra proposta di legge su lavoro e welfare la richiesta di tornare a un contratto flessibile e tutelato in entrata, l’utilizzo di voucher con coperture assicurative e previdenziali facendo emergere il sommerso in alcune categorie fragili, disoccupati, under 35 e over 55 e per il lavoro a chiamata. Riteniamo che il welfare sia aziendale che sanitario debba essere centrale nelle future iniziative di Governo ed è per questo che, il prossimo 13 dicembre, saremo impegnati in una nostra iniziativa per rilanciare un nuovo modello».
 

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