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Audio Berlusconi, il sospetto di Mulè: chi si deve vergognare in Forza Italia

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“L’audio di Berlusconi sulla guerra in Ucraina? Ecco come è andata”. Giorgio Mulè, in un’intervista a “VideoCamere” rubrica del Corriere.it, ha dato la sua versione sulle parole del fondatore di Forza Italia trafugate e diffuse in esclusiva dall’agenzia LaPresse. Il neo vicepresidente della Camera ha raccontato: “Eravamo nella sala Lucio Colletti al VI piano del Palazzo dei gruppi di Montecitorio. C’erano tutti i 44 parlamentari eletti, molti assistenti parlamentari, funzionari e anche ex parlamentari. Nell’audio si sente distintamente anche me invitare il presidente a non dire cose sulla faccenda della Russia”.

L’ex sottosegretario alla Difesa ha rivelato di aver messo in guardia Berlusconi dal parlare a ruota libera perché “avendo una certa dimestichezza con questo mondo, so dove si va a finire” e ha avvertito il ladro di sonoro: “Dall’audio e dalla lontananza delle voci si capisce esattamente dov’è, abbiamo ricostruito chi c’era e abbiamo dei sospetti, ma ce li teniamo per noi. Significa che non siamo un gruppo unito? Tenderei a escludere che sia un nostro deputato perché non erano così distanti. Penso a un soggetto che non è nel gruppo parlamentare. Deve vergognarsi per questo furto con destrezza, questa cosa va contro il Paese. Ha destabilizzato gli equilibri del nascente governo”.

Sul grave contenuto delle dichiarazioni, Mulè sposa la linea ufficiale di FI: “Il discorso durava 40 minuti, era una panoramica e riferiva fatti racconti da Mosca senza alcuna adesione da parte di Berlusconi. L’applauso sulle critiche a Zelensky? Non c’è stato. Non è relativo al leader ucraino, ma alla chiusura dell’intervento che non lo riguardava. Se poi si prendono dei pezzetti e si mettono in giro in altro modo, uno si forma un’idea completamente sbagliata. Va letto nella totalità”.

Ci sarà occasione: LaPresse diffonderà un terzo audio di quel discorso dopo le nomine. Le fibrillazioni nel centrodestra però restano come dimostra la chiosa finale del vicepresidente della Camera sul premier in pectore Giorgia Meloni: “La sua rigidità risiede in questo enorme carico di pressioni e pulsioni dei partiti che la mettono nelle condizioni di non essere rilassata. Deve fare uno sforzo e non essere così chiusa nell’approccio. Come ha detto Berlusconi: deve usare meno l’imperativo e più il condizionale”.

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