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E li chiamano democratici. Insulti e minacce a La Russa: è il risultato degli attacchi della sinistra

Daniele Di Mario
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Alla fine, inevitabilmente, spunta anche la stella a cinque punte delle Brigate Rosse con annessi insulti al presidente del Senato Ignazio La Russa. Accade alla Garbatella, quartiere d'origine di Giorgia Meloni ma anche feudo rosso della Capitale dove la sinistra da anni a mani basse. Nel quartiere più comunista di Roma, sulla serranda della sezione di Fratelli d'Italia appare la scritta: «La Russa Garbatella ti schifa», con annessa stella a cinque punte. Firmato: «Antifa». Gli antifascisti.

 

Un episodio su cui sta indagando la Digos. C'era da aspettarselo. Dopo una campagna elettorale in cui il Pd ha gridato un giorno sì e l'altro pure al pericolo fascista, gli ultimi due giorni sono stati caratterizzati da ripetuti attacchi al presidente del Senato Ignazio La russa e a quello della Camera Lorenzo Fontana. «Peggio di così nemmeno con l'immaginazione più sfrenata. L'Italia, non merita questo sfregio», aveva twittato Enrico Letta venerdì. Letta lo spiega da Berlino, dove partecipa al congresso del Pse, un appuntamento incentrato tutto sui temi dell'Europa e sul ruolo dei socialisti e democratici europei. Parlando ieri da Berlino al congresso del Pse, il segretario del Pd va giù ancora più duro, giudicando l'elezione di La Russa e Fontana «una logica perversa e incendiaria che va contro l'interesse del Paese».

 

Troppo per Giorgia Meloni, che giudica «gravissime» le parole pronunciate dal leader Dem. «Affermare all'estero che l'elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento italiano sia motivata da una sedicente "logica perversa" e "incendiaria" e che la scelta dei parlamentari italiani confermi "le peggiori preoccupazioni in giro per l'Europa" è scandaloso e rappresenta un danno per l'Italia, le sue più alte istituzioni e la sua credibilità internazionale.
Letta si scusi immediatamente», dice il presidente di Fratelli d'Italia.

Una dichiarazione che accende ancora di più gli animi. «Non è la maggioranza a dire all'opposizione cosa dire e come dirlo», replica Letta su Twitter. Tutto lo stato maggiore del Nazareno - da Debora Serracchiani a Nicola Zingaretti e Beppe Provenzano-invitano il leader FdI a «governare e non a dire cosa deve fare il Pd. Si assuma la responsabilità di aver diviso il Paese con scelte estremistiche ai vertici delle Istituzioni».

 

Ma anche la Lega critica aspramente «le dichiarazioni offensive» di Letta e Laura Boldrini «contro l'elezione di Lorenzo Fontana a presidente della Camera dei Deputati». «Sono offese contro il libero voto democratico dei cittadini espresso il 25 settembre e contro i deputati eletti che li rappresentano. Da un ex presidente del Consiglio e da un ex presidente della Camera, figure che hanno ricoperto ruoli istituzionali così importanti e delicati, ci si aspetterebbe un atteggiamento più democratico, civile ed equilibrato. Ora si abbassino i toni, abbassiamoli tutti», dice Fabrizio Cecchetti, vicecapogruppo del Carroccio alla Camera.

Ad accendere il dibattito politico però non sono solo le dichiarazioni di Letta, ma anche le scritte contro La russa. Meloni, pur senza citare esplicitamente il Pd, critica «diversi esponenti politici» che «hanno deciso di rendere» il presidente del Senato «un bersaglio, come personae perle sue idee, rinfocolando un clima d'odio, già ben alimentato durante una campagna elettorale costruita sulla demonizzazione dell'avversario politico. E così», sottolinea il presidente FdI, «accade che in una sede di Fratelli d'Italia compaia una scritta contro di lui, firmata con la stella a 5 punte, chiaro riferimento ad anni drammatici che non vogliamo rivivere». Meloni assicura che «il nostro impegno sarà per unire la Nazione, non per dividerla come sta tentando di fare qualcuno. Spero che il senso di responsabilità della politica prevalga sull'odio ideologico, perché l'Italia e gli italiani devono tornare a correre, insieme».
La risposta alle opposizioni arriva anche da Matteo Salvini: «La sinistra non si rassegna e attacca con violenza la seconda e la terza carica dello Stato, appena democraticamente elette», scrive il segretario di via Bellerio su Twitter assicurando che «la Lega e il centrodestra risponderanno col sorriso e col lavoro a questi violenti attacchi, e sono sicuro che anche fra Giorgia e Silvio tornerà quell'armonia che sarà fondamentale per governare, bene e insieme, per i prossimi cinque anni».

Tutto il centrodestra manifesta vicinanza a La russa. E in serata anche Enrico Letta su Twitter esprime «solidarietà mia e di tutto il Pd al Presidente del Senato. Quelle scritte sono inaccettabili».

 

Dietro le parole pronunciate da Enrico Letta a Berlino al congresso del Pse c'è tutta la difficoltà politica del Pd sonoramente sconfitto alle elezioni del 25 settembre. Ma c'è, soprattutto, l'affanno di un segretario che da mesi ha perso il timone del proprio partito e, di conseguenza, la bussola della linea politica. Sfiduciato dagli elettori prima e dai suoi stessi dirigenti poi, il leader del Nazareno dimostra di non aver imparato la lezione della sconfitta elettorale e di non avere idea di come riportare il Pd al ruolo che gli competerebbe: quello di un grande partito progressista ancorato ai valori delle moderne formazioni socialdemocratiche occidentali.

Da Berlino, Letta torna sull'elezione dei due presidenti delle Camera sottolineando come le scelte compiute dal centrodestra rappresenterebbero dei messaggi allarmanti per l'Europa. Per il leader Dem è «una logica perversa e incendiaria» quella che ha portato alla scelta di La Russa e Fontana, «che va contro l'interesse del Paese».

Un discorso francamente assurdo. Primo: il segretario del principale partito di opposizione non dovrebbe screditare le Istituzioni del proprio Paese in un alto contesto istituzionale. La Russa e Fontana rappresentano rispettivamente la seconda e la terza carica dello Stato italiano e come tali andrebbero rispettati e difesi. Magari legittimamente criticati se non dovessero assolvere al loro ruolo (l'opposizione serve anche a questo), ma rispettati in quanto alti rappresentanti della Repubblica. Per un partito che si dichiara democratico dovrebbe essere la base.

Letta, pronunciando quelle parole, dimostra invece scarso senso delle Istituzioni, si dimostra «colpevole» proprio di ciò di cui accusa il centrodestra. Se alla presidenza della Camera va, tanto per fare un esempio, Laura Boldrini tutto a posto. Se ci va un esponente della Lega o di Fratelli d'Italia si grida allo scandalo. Dimenticando che il centrodestra le elezioni non le ha vinte, le ha stravinte. E che gli italiani hanno scelto che a rappresentarli al governo e nelle maggioranze dei due rami del Parlamento sia la coalizione di Meloni, Salvini e Berlusconi.

I senatori e i deputati eletti dagli italiani hanno a loro volta eletto i presidenti delle Camere. La Russa, per altro, ha preso almeno venti voti di senatori dell'opposizione: il 10% dell'Aula di Palazzo Madama. Si chiama democrazia rappresentativa. Letta ha condotto tutta la campagna elettorale chiedendo agli italiani il voto per difendere la Costituzione. Dia l'esempio rispettando le Istituzioni democratiche, anziché delegittimarle solo perché non hanno latessera del Pd o perché La Russa e Fontana non la pensano come lui. Presunzione, complesso di superiorità morale e culturale, attaccamento al potere sono i mali di un Pd che il suo quasi ex segretario non è riuscito a curare. Anzi, li ha acuiti.

Il segretario dem compie anche un errore politico. Avrebbe gioco facile oggi a criticare il centrodestra. Gli basterebbe dire che nell'elezione di La Russa Forza Italia non ha votato con la maggioranza. O potrebbe far notare la crisi in atto tra Berlusconi e Meloni. Potrebbe muovere critiche politiche parlando di maggioranza già spaccata. Non vogliamo fargli la lezione, ci mancherebbe. Però la lezione della campagna elettorale dovrebbe bastare per fargli capire che gridare al fascismo non porta voti.

Letta ha agitato il pericolo fascista per un mese e mezzo, ha puntato tutto su ddl Zan, ius scholae, legge elettorale, diritti civili. Non ha detto quasi nulla su gas, energia elettrica, caro-bollette, tasse (anzi, voleva introdurre patrimoniale e tassa di successione). Il centrodestra ha parlato di temi concreti. E ha vinto. Letta ha costruito una coalizione sgangherata «non per governare» puntando sul sostegno all'Ucraina con chi ha votato contro l'invio di aiuti militari a Kiev e sull'agenda Draghi alleandosi con chi era all'opposizione di quel governo. Votando, gli italiani hanno giudicato insufficiente la sua proposta politica e non in grado di risolvere i problemi del Paese. Lettali rispetti: non recupereràvotiinfangando e delegittimando le Istituzioni della Repubblica.

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