Virginia Raggi desaparecida. Delusa dalla mancata candidatura è scomparsa dai radar politici
Chi l'ha vista? Scomparsa dai monitor. L'ultimo post scritto di suo pugno su Facebook risale al 23 settembre scorso, l'anti-vigilia del voto. Una data che Virginia Raggi non è un mistero - avrebbe voluto vivere da eletta e non da elettrice. Da quando non siede più sullo scranno più alto in Campidoglio la si vede poco. È agli ultimi posti nella classifica delle presenze dei consiglieri: solo 49 volte ha risposto presente, grossomodo la metà della metà delle sedute. Rari i suoi interventi all'Assemblea capitolina, sporadiche le sue apparizioni, nei mesi estivi si è affacciata nell'Aula Giulio Cesare solo 4 volte. Declassata, dimenticata, finita in un cono d'ombra. Avrebbe voluto candidarsi, non gliel'hanno permesso. «Secondo le nostre regole interne, doppio mandato e mandato zero, ritengo che sarei stata perfettamente candidabile», scrisse l'11 agosto ai suoi follower, aggiungendo però che non si sarebbe sentita a suo agio «nel fare il salto altrove». In realtà, a consigliarle di fare un passo indietro pare sia stato proprio Giuseppe Conte. Il leader grillino la preferisce «attivista», membro del Comitato di Garanzia ma comunque fuori dal suo cerchio magico. Prima dell'esclusione la Raggi bussò a tutte le porte chiedendo «regole chiare» per le Parlamentarie. «Ho sottoposto la questione ripetutamente agli altri membri del Comitato, al presidente Giuseppe Conte e al garante Beppe Grillo tuttavia senza alcun esito», si lamentò. E aveva ragione.
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L'ex avvocato del Popolo e l'ex comico genovese avevano deciso a priori che per Virginia non ci sarebbe stato posto. L'ex stagista dello studio Previti avrebbe attirato troppe antipatie e inimicizie. Lei ne ha preso atto e ha provato a fare buon viso a cattivo gioco. «Fare la consigliera mi consente di conciliare tempi di vita e di lavoro», disse in tono auto-consolatorio. Parole dettate da amarezza, l'inizio di quel distacco graduale, a causa del numero così esiguo di avvistamenti. Per gratificarla le è stato dato dal sindaco Roberto Gualtieri il classico contentino: la presidenza della Commissione Expo 2030. Finora però non ha mai toccato palla. Esclusa persino dalla delegazione che nel settembre scorso andò a Parigi per consegnare al segretario generale del Bureau International des Expositions, Dimitri Kerkentzes il dossier della candidatura di Roma. A presentare il documento andarono infatti il presidente del Comitato, Giampiero Massolo, in rappresentanza del Governo, il sottosegretario del ministero degli Affari esteri, Manlio Di Stefano e Roberto Gualteri. E la Raggi? Scomparsa dai tracciati radar. Colpita dalla sindrome che si abbatte puntualmente sui sindaci capitolini, nessuno escluso. Chi si affaccia da quel balconcino è perduto. Vale per Walter Veltroni, scrittore, regista, editorialista, autore tv ma pensionato dal suo partito. Vale per Gianni Alemanno, che si è dedicato alla sua fondazione, e per Ignazio Marino, emigrato negli Stati Uniti. «Mi sono persa gli ultimi 5 anni di vita di mio figlio e ora voglio recuperare», ha confidato Virginia ai suoi amici. Ma fare la mamma a tempo pieno le sta un po' stretto.
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Ci sarebbe quindi la Regione Lazio presidiata dalla sua «nemica» di sempre Roberta Lombardi. La successione a Zinga, un passaggio delicatissimo. La giunta Pd-M5S, un'alleanza che la Raggi ha sempre osteggiato. Chiese di «chiudere tutte le pseudo-alleanze di comodo in quei Comuni e quelle Regioni dove è evidente, anche alla luce dei programmi, che non c'è conciliabilità». Semmai vi fossero dubbi, la Raggi si è subito iscritta al partito del «No all'inceneritore». Ha lanciato un appello «all'anima ecologista del M5S», attaccato chi «in Regione Lazio non riesce a muovere neanche una foglia». Cioè la Lombardi. È girata voce che avrebbe potuto candidarsi alla Pisana con la sua lista civica per non sottostare ai diktat dell'ex premier. Poi è arrivata la smentita «del fantasioso piano attribuito da alcuni organi stampa all'ex sindaca di Roma Virginia Raggi, una fake news priva di fondamento che mira, da parte di qualcuno, a destabilizzare il M5S». Firmato: Lista Civica Raggi. Si dà il caso che i primi a credere che lei potesse fare uno strappo del genere erano stati proprio i vertici di via Campo Marzio. Tanto da mettere le mani avanti, specificare che «una scelta del genere la farebbe fuori dal M55, perché essendo al secondo mandato non può più candidarsi». «Se è una scelta personale, noi non abbiamo più interlocuzione», aveva soggiunto la capogruppo in Senato Maria Domenica Castellone, la ventriloqua di Conte. Un botta e risposta che la dice lunga. L'unico che la difende è Alessandro Di Battista che però dall'ex premier di Volturara Appula continua a essere come «uno scappato di casa». Un incorreggibile dissidente, un lupo solitario. Come la Raggi.
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