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Tetto al prezzo del gas, Cingolani ammette il flop: "Il metano c'è, il guaio è il costo"

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Il problema non è più la quantità, ma il prezzo. Per ottenere risultati su questo fronte, però, ci vorrà tempo. E l'ipotesi di ottenere in Europa un tetto al prezzo del gas è già svanita. Si lavorerà su qualcosa di similare, ma arrivare all'obiettivo è tutt' altro che scontato. Mentre il Paese è già alle prese con gli effetti più nefasti del caro gas, il ministro della Transione energetica Roberto Cingolani è costretto ancora una volta a recitare il ruolo del semplice «messaggero».

Svela lo stato dell'arte della crisi, ma non è in grado ancora di indicare una luce in fondo al tunnel. «Bisogna distinguere i timori economici-inflattivi per i costi, dai timori sulle quantità di gas- spiega a Mezz'ora in più -. In Italia in questo momento stiamo esportando, abbiamo una situazione positiva, grazie alla diversificazione. Oggi ci sono stati oltre 40 milioni di metri cubi di gas per gli stoccaggi e tra i 18 e i 20 milioni esportati. La situazione a livello di quantità non è complessa, lo è quella dei costi».

Insomma, il gas c'è. Gli stoccaggi hanno raggiunto il 90% della loro capacità e l'inverno, a meno di avvenimenti imprevedibili, è coperto. Al punto che l'Italia sta addirittura esportando metano («a che prezzo?» chiede l'esponente di Azione Osvaldo Napoli. Ma resta il guaio del prezzo. Ingigantito dal fatto che l'Europa da questo orecchio sembra proprio non voler sentire. «Sul price cap abbiamo chiarito alcune ambiguità con la Germania, che è più preoccupata della mancanza di gas che del prezzo. Per gli altri 26 Stati non è così, e abbiamo trovato un meccanismo che sembra ragionevole: oggi stiamo pagando delle bollette impossibili perché le quotazioni del gas sono fatte dalla Borsa olandese che non è connesso alla domanda e all'offerta di gas. Ci sono mercati ben più grandi e stabili di Amsterdam, e l'ipotesi è di indicizzare il prezzo del gas agganciandolo ad altre Borse». «Nei prossimi 2-3 giorni manderemo a Bruxelles decine di linee concordate con altri Paesi e attenderemo la decisione della Commissione», ha aggiunto. Un'ammissione delle difficoltà, insomma, considerato che nei mesi precedenti mai la Commissione è andata nelle direzioni auspicate dall'Italia, anche quando queste erano sostenute da almeno altri dieci Paesi membri. La trattativa, insomma, sarà lunga.

«Abbiamo parlato di price cap e di disaccoppiamento un anno fa. Il disaccoppiamento è stato approvato. Sul gas andiamo avanti. Che ci voglia un anno non mi meraviglia, è un lunghissimo percorso» dice Cingolani. Dribblando, però, un particolare: gli stoccaggi sono stati già riempiti a un prezzo carissimo. Se anche si ottenesse domani una limitazione al prezzo del gas, i prossimi mesi dei consumatori saranno ugualmente duri. Alleviarli spetterà al prossimo esecutivo. «Ho avvisato chi viene dopo il governo Draghi di qualunque sviluppo internazionale a cui sto partecipando, e su questo c'è poca ideologia, la direzione è obbligata» spiega il ministro confermando i contatti con Giorgia Meloni.

Per il resto, la notizia del giorno è la convocazione da parte della Farnesina dell'ambasciatore russo Sergey Razov. Per Cingolani l'iniziativa non attiene solo il conflitto in Ucraina, ma anche «per chiarire la situazione dei sabotaggi del North Stream». Inevitabile si parli anche dell'interruzione della fornitura di gas che dall'Austria doveva arrivare in Italia ma si è fermata a Vienna. Il tutto a causa di «disaccordi contrattuali» tra Mosca e il governo austriaco. Intanto, da 48 ore, per la prima volta dall'inizio del conflitto, non entra più gas russo in Italia. Al momento, sottolinea Cingolani, questo non crea preoccupazioni. Ma il lungo periodo resta un'incognita. 

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