Mario Draghi è stufo dei partiti che usano il suo nome: il siluro a Letta, Calenda e Renzi
Filtra un certo malcontento da Mario Draghi e dalle persone a lui vicine per come alcuni partiti stiano strumentalizzando la sua figura politica in vista delle elezioni del 25 settembre. A svelare i retroscena sui pensieri del presidente del Consiglio è Monica Guerzoni sul Corriere della Sera, che scrive: “È con estremo rispetto, civico interesse e comprensibile distacco che Draghi segue la corsa dei partiti verso le urne. Le polemiche politiche non lo appassionano, né sembrano turbarlo troppo. Purché non lo coinvolgano direttamente, con il rischio di intaccarne il ruolo o distorcerne il profilo istituzionale”.
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“Draghi è in campo e resterà in campo anche dopo il voto” la voce che circola nei corridoi dei palazzi della politica, ma da Palazzo Chigi ci tengono a smentire tali ricostruzioni: “Il premier non ha detto o fatto nulla che possa giustificare un suo impegno, diretto o indiretto, in questa campagna elettorale”. “Per Draghi - prosegue il quotidiano - il voto è la massima espressione democratica e lui non fa da garante o da apripista a nessuno, neanche a Giorgia Meloni. Se non fosse convinto che ogni sua parola sarebbe strumentalizzata o male interpretata, il presidente prenderebbe con forza distanza da illazioni e supposizioni, come anche dall’uso elettorale che i leader centristi Carlo Calenda e Matteo Renzi fanno del suo nome”.
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“Il disagio di Draghi sfiora anche chi, come Enrico Letta, immagini un suo ruolo istituzionale dopo il 25 settembre, indispensabile per garantire la credibilità dell’Italia. Il premier non è intenzionato a essere ‘la guida occulta’ di questo o quell’altro leader” svela il Corsera. Adesso nella testa del premier c’è la fase finale della guida del governo, tra energia e Pnrr, che si augura non sia stravolto.
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