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Conte e la sindrome dell'escluso. Vede solo complotti contro di lui

Gaetano Mineo
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Sembra soffrire della sindrome da esclusione, ma allo stesso tempo, è convinto di poter governare da solo. Sono le ennesime due facce di Giuseppe Conte, un leader alla ricerca di non si sa che cosa ma di certo, continua giornalmente ad attaccare tutti e tutto: Meloni, Salvini, Calenda, Renzi, Letta, Di Maio. Solo Berlusconi, forse, sembra non essere nel mirino contiano. Certo, se uno nella vita si scaglia sempre verso gli altri, invece di porgere anche la mano, non è difficile capire che prima o poi si ritroverà solo.

 

Stadi fatto che la sindrome da esclusione non si arresta. E così dopo le lamentale per non essere stato invitato al Meeting di Rimini («non è stata ospitata la voce del Movimento 5 Stelle»), ora il capo dei Cinque Stelle sente all'orizzonte puzza di larghe intese, o meglio di inciuci. E sbotta. Ci sono «forze politiche che parlano di agenda Draghi e che hanno l'obiettivo di ritrovarsi al poterea gestire, riuscire a governare al di là del consenso che avranno alle urne. Se non vogliamo far ammalare la democrazia chiedo agli italiani divenire a votare: le proposte non sono tutte uguali». Tuttavia, Conte, tra il serio e il faceto, pensa che dopo il 25 settembre non si ritroverà solo all'opposizione ma da solo potrà governare. «Mi immagino da solo al governo», dice il leader M5S, ammettendo, tuttavia, che «è complicato». Poi seduce gli italiani sottolineando che «hanno un grande destino nelle proprie mani», sequel 40 per cento di astensionismo «decide di andare a votare significa ribaltare completamente sondaggi e pronostici». Legittimo sperare.

 

Ma il lupo, com' è noto, perde il pelo ma non il vizio. E arriva così un ennesimo attacco di Conte contro il governo Draghi, per non dire contro lo stesso premier. «Lascia un'eredità sul piano dell'agenda ecologicae sociale modesta. Si poteva far di più», puntella il presidente del MoVimento Cinque Stelle che l'ha giurata a Draghi fin dall'inizio, quando ha «difeso» il suo Governo fino allo spasimo contro l'ex presidente della Bce. E, successivamente, ha cercato di togliersi il macigno dalle scarpe contribuendo, e non poco, al pasticcio dell'elezione del presidente della Repubblica, con la conseguenza di ottenere la caduta della candidatura di Draghi. E così è andata. Il resto è noto.

 

D'altronde, s' è parlato tanto di gelosia di Conte nei confronti dell'attuale premier. Più volte l'ha detto in tutte le salse anche Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico: «Si avvertiva una certa irritazione perché Draghi era arrivato dopo di lui. Ma ognuno di noi è pro tempore e non si può affezionare a una carica». E questa è l'unica certezza. 

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