Caso Ruberti, gelo Pd che impone il silenzio. Centrodestra all'attacco
É ancora Roma Capitale a decidere il vento di una campagna elettorale che potrebbe riservare altre sorprese. Il video «choc» dell’ormai ex capo di gabinetto del sindaco Roberto Gualtieri, in cui minaccia spari e uccisioni perché qualcuno lo avrebbe forse «voluto comprare», è occasione ghiottissima per un centrodestra già in volata e una vera mannaia per un Pd sempre più in difficoltà. La vicenda di Albino Ruberti, da oltre un ventennio uomo Pd nelle partecipate romane, braccio destro di Nicola Zingaretti prima e di Gualtieri poi, non può essere liquidata con una lettera di dimissioni. Stesso discorso per Francesco De Angelis, personaggio di spicco del Pd di Frosinone, consigliere regionale, assessore, europarlamentare e a capo di un importante consorzio di imprese locali che «per evitare speculazioni» ha ritirato la sua candidatura sul collegio Roma 1. A confermarlo il volto teso di Enrico Letta nel commentare l’accaduto e il tentativo di chiudere l’intera questione commentando entrambe le dimissioni con un «mi sembrano entrambe scelte giuste e doverose». Sono le uniche parole pronunciate dal Pd che, fedele, si è trincerato dietro il più classico dei silenzi di scuderia.
Un assist invece eccezionale per il centrodestra, i Cinquestelle e per il neonato polo Renzi-Calenda, che con effetto domino alzano l’asticella della politica su Campidoglio e Regione. I rischio è quello di uno tsunami, ben noto a Palazzo Senatorio, che rimanda direttamente ai tempi cupi di Ignazio Marino. Tra i primi a intervenire Matteo Renzi che la definisce una «vicenda oscena» e Carlo Calenda, candidato proprio a Roma: «Questo è il soave ambientino del Pd romano. Il capo di gabinetto di Gualtieri già capo di gabinetto di Zingaretti che "amministra" il potere».
Lega e Fratelli d’Italia sono invece un fiume in piena, dal Campidoglio alla Pisana, i rappresentanti eletti nelle istituzioni relativamente coinvolte non fanno sconti e chiedono a gran voce immediata chiarezza sulle parole del numero uno della macchina amministrativa. «Con il caso Ruberti si è superato il limite - commenta la consigliera capitolina e candidata per la Lega, Simonetta Matone - La pezza messa dal Pd con una semplice richiesta di dimissioni non è sufficiente. Occorre agire immediatamente contro i violenti. Lo ripeto, sono minacce in piena regola e le dimissioni sono un atto dovuto. Gualtieri, Letta e tutto il Partito Democratico intervengano per farci sapere cosa c’è sotto». Dura Fratelli d’Italia, con la consigliera regionale Laura Corrotti: «Il "caso Ruberti" svela il vero volto del Pd laziale, perso tra faide locali per la gestione del potere e personaggi a dir poco discutibili buoni per tutte le stagioni».
Nota congiunta dei consiglieri capitolini del partito della Meloni: «Non siamo interessati a questioni personali e a beghe tutte interne al Pd, né a dare lezioni di bon ton ai Democratici che vogliono darne agli altri essendo i primi a non averne titolo, ma vogliamo chiarezza su aspetti non chiari della vicenda che lasciano intendere pressioni inconfessabili da parte di esponenti dem sul capo di gabinetto». Sul campo di battaglia anche i Cinquestelle che in una nota del movimento romano chiedono un immediato «chiarimento della vicenda da cui sembrano emergere altre minacce e presunte richieste avvenute durante una cena». Un argomento più che valido insomma per un dibattito politico destinato forse, chissà, a stabilire l’esito del voto del 25 settembre.