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Il Pd ricandida l'eterno Piero Fassino, campione di errori da Grillo a Salvini

Christian Campigli
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Tre lunghe, interminabili decadi. Un'era geologica, se si pensa alla velocità con la quale la storia attuale modifica i propri parametri, rende nulle certezze che erano granitiche, immutabili fino all'attimo precedente. Correva l'anno 1994 e l'Italia di Arrigo Sacchi e Roberto Baggio andava ad un passo dal trionfo ai mondiali statunitensi, scoppiava la guerra nella ex Jugoslavia e Nelson Mandela veniva eletto presidente del Sudafrica. Durante quei dodici, concitati mesi, Piero Fassino, per la prima volta, entrava in Parlamento. La Prima Repubblica volgeva al termine e il nuovo soggetto politico voluto da Silvio Berlusconi, Forza Italia, trionfava alle urne.

 

In quella legislatura, persa ormai nel tempo, c'erano figure mitologiche come la giovanissima Irene Pivetti (vestita con improbabili e castigatissimi tailleur), Luciano Violante, Luigi Berlinguer e Oliviero Diliberto, solo per citarne alcuni. Chi ha cambiato mestiere, chi ha capito che la sua epopea era finita, chi è tornato ad insegnare. Tutti importanti, nessuno indispensabile. E soprattutto, nessuno eterno. Tranne Fassino, che, nonostante le settantadue primavere sulle spalle, non molla di un centimetro.

 

Il nativo di Avigliana è riuscito a ottenere una nuova opportunità, nello specifico una candidatura per la Camera dei Deputati nel collegio di Venezia, al secondo posto alle spalle di Rachele Scarpa. Senza nulla togliere all'ex sindaco di Torino, poi defenestrato dall'enfrant prodige dei Cinque Stelle, Chiara Appendino, in molti all'interno del Nazareno, rigorosamente a microfoni spenti, hanno storto la bocca per l'ennesima, surreale e contraddittoria decisione di Enrico Letta. Il segretario pisano, nelle ultime settimane, ha assunto decisioni quantomeno discutibili.

 

Che hanno, di fatto, scontentato tutti. E che rischiano di aprire un'autentica prateria al centro, nella quale il terzo polo guidato da Carlo Calenda potrebbe cavalcare all'impazzata all'assalto della diligenza. L'ex primo ministro ha deciso infatti di mozzare, di netto, la corrente interna denominata Base Riformista. Per intenderci, questi esponenti dem considerati molto vicini a Matteo Renzi, ma che, al contrario di Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi, non avevano portato a termine il salto della quaglia. Una scelta, quella di fedeltà al Pd, gratificata con l'esclusione dal prossimo Parlamento. Letta ha più volte ribadito che, questa «sofferta decisione», è frutto sia della riforma voluta dai grillini e relativa al taglio di onorevoli e senatori, che del desiderio di ringiovanire un partito ancora troppo legato a nomenclature del secolo scorso. Un proposito per altro lodevole, visto che, secondo numerosi studi sui flussi elettorali, i dem raccoglierebbero numeri davvero miseri, inferiori al dieci per cento, tra gli under 40. Alle ultime elezioni regionali in Emilia Romagna, oltre al carisma di Stefano Bonaccini, in rampa di lancio per succedere a Letta qualora la sconfitta del 25 settembre dovesse essere sanguinosa, il Partito Democratico si è salvato da un clamoroso ribaltone anche grazie alla presenza delle Sardine. Che, obtorto collo, hanno convinto anche gli universitari ad apporre la croce sul simbolo dei dem.

Una presa di posizione, quella di guardare ai ventenni, che però fa a cazzotti con la decisione di riproporre il buon Fassino. Diventato famoso anche tra i meno appassionati alla politica per le sue famose previsioni.

 

In rete, in particolar modo su Youtube, sono migliaia i video che, con tanta ironia ma senza alcuna cattiveria, prendono un po' in giro l'ex Guardasigilli. Su Facebook c'è persino una community di oltre ventimila utenti, che ride e si diverte con i cosiddetti meme. Disegni virtuali con le più bizzarre valutazioni dell'ex primo cittadino di Torino. L'ultima, in ordine di tempo, è quella datata 2018, quando ricordava a Salvini che per vincere e governare serve il consenso degli Italiani. E i loro voti. Ma la più clamorosa resta quella dedicata a Beppe Grillo, quando il comico genovese, con la tessera del Pd in mano, voleva presentarsi alle primarie per la segreteria del partito. Un'ipotesi che venne respinta, in modo sdegnoso, dal Nazareno. «Se Grillo vuol fare politica, fondi un partito, metta in piedi un'organizzazione, si presenti alle elezioni, vediamo quanti voti prende. Perché non lo fa?». Nel 2016 Fassino si rivolse direttamente a Chiara Appendino, colpevole di muovere critiche troppo feroci all'allora sindaco della Mole. «Mi auguro che un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se poi sarà in grado di fare tutto quello che ha oggi auspicato di poter fare». I Cinque Stelle, che all'epoca piacevano da matti agli Italiani, realizzarono su quelle parole di Fassino la campagna elettorale che porterà l'Appendino sullo scranno più alto di Piazza delle Erbe. «Siate buoni, aiutate Piero a realizzare la sua profezia». 

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