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Nel M5S è già guerra tra Virginia Raggi e Giuseppe Conte: sfida per la leadership

Daniele Di Mario
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Mentre Giuseppe Conte è alle prese con le liste elettorali, nel M5S scoppia il «caso Raggi». L'ex sindaca di Roma giovedì ha aspramente criticato la gestione del capo politico, togliendosi più d'un sassolino dalle scarpe. Raggi, in un post su Facebook, aveva chiesto lo stop alle decisioni prese «nel palazzo e ai seggi riservati agli amici». Non solo. L'ex sindaca aveva criticato l'idea di costruire il campo largo col Pd, poi abortita. «Finalmente - aveva detto - qualcuno ha capito che non si può stare con i Dem. Quando lo sostenevamo noi venivamo definiti pazzi». Chiaro il riferimento a Conte, divenuto all'improvviso «riferimento del mondo progressista». L'ex premier, ai tempi del governo rossogiallo, aveva anche ipotizzato l'idea di non ricandidare la Raggi a sindaco di Roma, per scegliere un nome condiviso con il Pd. Idea poi abortita. Ma c'è di più. Raggi, nel post di giovedì, chiedeva anche che il M5S esca dalle giunte regionali e comunali in cui governa con altri partiti. «A partire dal Lazio, dove sul termovalorizzatore non siamo riusciti a smuovere una foglia». Insomma, l'ex sindaca della Capitale ne ha per tutti: per Giuseppe Conte e per Roberta Lombardi e Valentina Corrado, leader del M5S nel Lazio e assessore nella giunta di Zingaretti.

 

 

A cosa punta Raggi? Nel M5S se lo chiedono. C'è chi attribuisce le sue parole alla rabbia della probabile mancata ricandidatura in Parlamento. «Virginia vorrebbe scappare dal Campidoglio, il ruolo di consigliere comunale non la appaga», viene riferito. Ma c'è anche chi crede che ambisca a molto di più: il ruolo di capo politico M5S. Qualcuno arriva anche a sostenere che dietro Raggi ci sia Beppe Grillo. Retroscena e veleni a 5 Stelle. Di certo, su una cosa Conte sembra concordare con l'ex sindaca: l'alleanza con il Pd nel Lazio è tutt' altro che scontata. «Quello che si decide a Roma vale per le altre città - le parole del capo politico pentastellato a la Repubblica - Mi dispiace per Nicola Zingaretti, ma ultimamente l'ho visto infatuato da Calenda». Alle prossime regionali l'attuale maggioranza del Lazio, che va dal M5S ad Azione e Italia Viva passando per rossoverdi e sinistra civica, potrebbe dividersi, costringendo così a inventarsi un'altra coalizione. Una prospettiva contro cui su battono Roberta Lombardi e il M5S alla Pisana. La replica dell'assessore a Raggi è al vetriolo: «Niente proclami da chi è stato mandato a casa a Roma», tuona Lombardi in un lungo post sui social. «Rispettare il mandato elettorale significa anche saper creare le condizioni, quando non si hanno i numeri necessari, per poter realizzare il programma peril quale i cittadini ci hanno votato. A meno che non si abbia la maggioranza assoluta, la strada per tradurre le promesse in risultati concreti è quella del confronto su temi specifici con altre forze politiche con le quali possa esserci una convergenza divisione e obiettivi», premette Lombardi. «Alla fine sono i risultati che contano, che parlano del nostro operato e per i quali saremo giudicati alle urne. Perché si può anche governare Roma avendo la maggioranza ma se alla fine del mandato i cittadini ti mandano a casa, senza nemmeno farti arrivare al ballottaggio, allora è il caso di farsi una domanda - attacca l'assessore - Non di lanciare proclami dal pulpito, tra l'altro con una doppia morale sulle candidature e sul processo partecipativo dal basso dopo aver riempito in buona parte le liste dei municipi con dei propri nominati».

 

 

Lombardi rivendica i risultati raggiunti dal M5S nei quasi due anni in cui è maggioranza con il centrosinistra e ribadisce «il massimo sostegno» a Conte perché «in un mondo in cui abbondano i demolitori, in questo momento costruire è la parola chiave». Tesi ribadita anche dai 5 Stelle del Lazio. «Scegliamo adesso se vogliamo seguire la stella polare o essere stelle cadenti», è l'attacco a Raggi. Anche i consiglieri regionali grillini rivendicano i risultati raggiunti: «I cittadini vogliono risposte ai problemi» e non «urlare alla luna o ergerci sul pulpito del puritanesimo di facciata» per «prendere like. Il M5S sta subendo un'offensiva senza precedenti e il nostro compito è quello di marciare compatti accanto a Conte per dimostrare al Paese che siamo una forza politica che nel momento della difficoltà mette da parte personalismi, singole ambizioni, sassolini nelle scarpe e la rabbia di chi non ottiene ciò che vuole a tutti i costi, per un bene superiore che è quello delle nostre comunità». «Noi abbiamo scelto di seguire la strada della rilevanza, i risultati conseguiti ci danno ragione. Non siamo alla ricerca di un grazie, abbiamo fatto solo il nostro dovere».

Avanti con l'alleanza col Pd nel Lazio dunque. Ma di questo si parlerà tra qualche mese, quando ci saranno le elezioni regionali. Il tema oggi sono le candidature alle prossime politiche. Le autocandidature per le parlamentarie sono partite ieri e si chiuderanno lunedì. Il voto si dovrebbe invece chiudere il 16 agosto, perché il 22 vanno presentate le liste. I nomi dei capilista saranno nelle mani del capo politico, Giuseppe Conte, che, sempre a la Repubblica, chiude sulla possibilità di candidare Virginia Raggi («Resterà consigliere comunale», taglia corto) e apre invece su Alessandro Di Battista: «Per noi è un interlocutore. Per ora è fuori dal M5S, ma ci confronteremo».

 

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