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Accordo Letta e Calenda, l'ammucchiata è già in crisi: Fratoianni furioso fa saltare il vertice Pd

Tommaso Carta
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Pontieri di nuovo al lavoro nel campo del centrosinistra. L'accordo siglato da Enrico Letta e Carlo Calenda manda in fibrillazione da una parte Verdi e Sinistra italiana, dall'altra Luigi Di Maio. Chiede "rispetto e parità di trattamento" per Impegno civico il ministro degli Esteri perché "altrimenti viene meno il principio fondante di una coalizione".

Vogliono un "riequilibrio" programmatico e non solo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Il segretario Pd non intende arrendersi. "In questi giorni parlo con tutti, faccio di tutto per trattenermi e fare il federatore, lo faccio perché con questo voto si decidono i prossimi 5 anni. Se ci dividiamo la destra avrà il 66% che gli consente di cambiare la Costituzione. Io continuo a parlare con tutti coloro che possono far parte di una coalizione larga per mettere in campo un'alternativa vincente", insiste. Letta aspetta Di Maio, non chiude a Matteo Renzi ("Ha detto che corre da solo ma se cambia idea sono pronto a incontrarlo, c'è ancora tempo", dice) ma è ai leader si Si e Europa verde che lancia il segnale più chiaro. "Voglio fortissimamente che come Pd si riesca a trovare un accordo con loro. Il mio obiettivo è un centrosinistra credibile", assicura a sera in tv, lanciando un primo impegno programmatico caro a sinistra: "Se vinceremo non faremo modifiche alla Costituzione - scandisce - la difenderemo".

La giornata, in realtà, parte in salita. Fratoianni e Bonelli hanno in agenda, alle 15, un appuntamento al Nazareno con il segretario Pd, ma, a poche ore dall’incontro, decidono di farlo saltare e rinviare a domani la trattativa. “Registriamo un profondo disagio nel paese e in particolare nel complesso dell’elettorato di centro-sinistra che ha a cuore la difesa della democrazia, la giustizia climatica e sociale. Essendo cambiate le condizioni su cui abbiamo lavorato in questi giorni, sono in corso riflessioni e valutazioni che necessitano di un tempo ulteriore”, mettono nero su bianco in una nota congiunta.

La frenata agita non poco i dem. Si diffonde il timore che sia stata l’apertura arrivata dal leader M5S a far traballare l’intesa. “Li avrà chiamati Conte”, l’ipotesi. Enrico Letta sa che l’intesa con Verdi e Sinistra italiana vale praticamente quanto quella siglata con Azione. In termini di seggi (16 quelli a rischio in caso di mancato accordo con Calenda, 14 in bilico senza Bonelli e Fratoianni secondo l’istituto Cattaneo), ma anche – e soprattutto – in termini di ‘copertura’ politica. “E’ stato importante blindare l’elettorato moderato con il patto elettorale con Azione e Più Europa, ma adesso Letta non può certo scoprirsi a sinistra”, è il refrain. A sinistra, allora, arrivano le voci di Nicola Zingaretti e Andrea Orlando a ‘chiamare’ gli alleati. “La lotta alle disuguaglianze e per una vera sostenibilità ambientale passa per sconfitta delle destre e evitare un Governo Meloni. E’ importante fare di tutto affinché tutta la sinistra e gli ambientalisti siano uniti in questo obiettivo”, dice il Governatore del Lazio. “Sono alleati assolutamente importanti – gli fa eco il ministro del Lavoro – che possono contribuire a dare risposte su transizione ecologica, salario minimo, lotta alla precarietà”.

Bonelli e Fratoianni si prendono qualche ora in più per riflettere. “Alzano la posta sui seggi, è normale in una trattativa. Specie dopo che Calenda ha strappato il 30%”, è la sintesi che va per la maggiore nei capannelli dem che affollano la Camera. Tra deputati e senatori Pd la sensazione è che Letta sia stato “troppo generoso” con il leader di Azione. “Hanno preso per buono il sondaggio più alto e gli hanno dato ancora di più”, attaccano i più critici. Da Calenda "nessuna sòla"m assicura Letta, mentre nei corridoi dei palazzi è tutto un contare collegi blindati e caselle “di seconda fascia che magari possono diventare di prima”. Dalle parti di Fratoianni la situazione viene dipinta in modo quasi provocatorio.: “Ormai è Calenda il segretario del Pd ed è Calenda il leader della coalizione, permettete che ci stiamo pensando”. A sera, è Bonelli a fare il punto. “L'accordo del Pd con Calenda, con quel profilo programmatico, non parla più a quel popolo di centrosinistra”, dice, pur predicando “responsabilità” e assicurando di non voler regalare i 14 seggi in bilico alla destra. Un problema di equilibrio, però, ammette, c’è. Eccessivo il 30% dei collegi concesso a Carlo Calenda? "Quando si chiede responsabilità vale il principio 'chiedi quel che vali'. Se noi valiamo tot non possiamo pensare di chiedere il doppio -ragiona il leader dei Verdi - Se c'è una riorganizzazione intelligente di questi punti e una prospettiva programmatica di centrosinistra penso ci possano essere le condizioni" per chiudere l'accordo.

E se al Nazareno sono fiducioso circa la possibilità di un’intesa – “dopo la giornata di ieri è legittimo prendersi qualche ora in più di tempo”, è la linea – Carlo Calenda riapre lo sportello: “Fratoianni e Bonelli chiedono a Enrico Letta di rinegoziare il patto sottoscritto ieri. Non c’è alcuna disponibilità da parte di Azione_it a farlo. L’agenda Draghi è il perno di quel patto e tale rimarrà. Fine della questione”, scrive su Twitter.

Al segretario dem resta poi da sciogliere il nodo Di Maio. Letta fa di nuovo il punto con lui e Bruno Tabacci, alla Camera, ma si tratta ancora una volta di un incontro "interlocutorio". I pontieri suggeriscono al ministro di Esteri di fare la lista insieme ai civici di Federico Pizzarotti, puntando così a superare lo scoglio del 3%. Vorrebbero 3-4 posti 'sicuri' i dimaiani. Il 'diritto di tribuna', però, da accordi spetta solo ai leader. "Se apriamo a tutti - è la consapevolezza - esplode il Pd". Letta, intanto, si prepara a una nuova giornata di incontri: "Domani - il messaggio in bottiglia - sarò a Roma tutto il giorno".

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