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Elezioni, il sogno dei 21 scissionisti del M5S a caccia del terzo mandato. Ma pure Luigi Di Maio è a rischio

Dario Martini
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Col senno di poi possiamo dire che c'avevano visto lungo. Gli scissionisti che il 21 giugno scorso sono scappati dal Movimento 5 Stelle sapevano che alla fine Beppe Grillo avrebbe avuto la meglio su Giuseppe Conte. E che non gli sarebbe stato mai permesso di candidarsi per la terza volta alle elezioni. Hanno seguito Luigi Di Maio senza batter ciglio, convinti che fosse la soluzione migliore per scongiurare di venir messi alla porta. Alla fine è andata proprio così. L'altro ieri il fondatore del M5S deluso cinquanta big che fino all'ultimo momento confidavano in una deroga alla regola del secondo mandato. I "dimaiani" invece no, potranno ricandidarsi proprio grazie allo strappo del loro leader. I parlamentari alla seconda legislatura di Insieme per il futuro sono 21 (su 64 iscritti totali), Di Maio compreso. Siedono praticamente tutti tra i banchi della Camera. Solo Daniela Donno viene dal Senato. Tra i deputati scissionisti di lungo corso ci sono diversi volti noti: dall'ex tesoriere del Movimento Sergio Battelli alla viceministra dell'Economia Laura Castelli. Ma anche l'ex capogruppo grillino Francesco D'Uva, la sottosegretaria al Sud Dalila Nesci, il sottosegretario agli Esteri Manlio di Stefano e la presidente della commissione d'inchiesta sulle banche Carla Ruocco. Beppe Grillo li ha definiti «zombie» infettati dal virus della poltronite. Il garante non è stato tenero nemmeno con Di Maio, soprannominato nei giorni scorsi «Giggino 'a cartelletta», per la sua disperata determinazione a "riciclarsi" politicamente in qualche modo.

 

 

Se gli scissionisti ci avevano visto giusto sulle intenzioni di Grillo, su una cosa invece si erano sbagliati. Erano sicuri che la nascita di Insieme per il futuro avrebbe sventato la caduta del governo Draghi. Confidavano di arrivare tranquilli alla scadenza naturale della legislatura nel marzo del 2023. In questo modo avrebbero avuto abbastanza tempo per consolidare la nuova forza politica e costruire quelle alleanze elettorali in grado di garantirgli candidature più o meno sicure. L'esecutivo, invece, è caduto appena un mese dopo. Con le elezioni imminenti sarà molto difficile venire rieletti. I sondaggi non sono promettenti. La rilevazione Ipsos pubblicata ieri dal Corriere della Sera assegna a Insieme per il futuro solo l'1,3%, in calo di un punto percentuale rispetto a un mese fa. Stando a questi numeri, gli elettori non sembrano apprezzare il progetto politico a cui sta lavorando Di Maio con il sindaco di Milano Bebbe Sala: una forza civica da presentare in coalizione con il Partito democratico e altre forze centriste. I parlamentari di Ipf avranno vita dura a trovare un collegio sicuro. Non sarà facile nemmeno per Di Maio, che comunque dovrebbe cadere in piedi grazie ad una candidatura che il Pd sarebbe disposto a concedergli nella circoscrizione di Modena. La speranza, comunque, è l'ultima a morire.

 

 

Restare nel M5S avrebbe significato la certezza di tornare a fare il proprio mestiere o, ancora peggio, di essere costretti a trovarne uno. Anche ieri l'esodo grillino ha visto andare in scena due nuovi addii. Quelli dell'ex capogruppo Davide Crippa e del ministro dei Rapporti col Parlamento Federico D'Incà. Entrambi, però, potrebbero rinunciare alla ciambella di salvataggio di Di Maio preferendogli Enrico Letta. Invece, torna a girare insistentemente il nome di Alfonso Bonafede. L'ex Guardasigilli potrebbe essere tentato di passare con il ministro degli Esteri, al quale è da sempre considerato molto vicino. Il tempo a disposizione per decidere non è molto. In questo scenario continuano le trattative tra Di Maio e Bruno Tabacci. Il presidente di Centro Democratico nelle settimane scorse ha prestato il simbolo del suo partito a Insieme per il futuro per permettere a Di Maio di costituire il gruppo al Senato. Ora Tabacci e il titolare della Farnesina hanno sottoscritto un accordo analogo, che sarà presentato domani, per consentire a Ipf di non raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni. Chissà se basterà a tornare in Parlamento.

 

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