Zingaretti lascia subito la Regione per candidarsi in Parlamento. Pd nel panico
Non bastassero tutti i guai del dopo-Draghi nel Pd scoppia il caso-Zingaretti. L’attuale presidente della Regione Lazio ha deciso: vuole candidarsi alle Politiche, probabilmente alla Camera (Collegio 1). E fin qui tutto bene, come da copione, il suo addio alla Pisana era scontato. «Il problema è che Nicola non regge la pressione e vorrebbe dimettersi già a fine agosto mentre potrebbe farlo, calendario alla mano, 30 giorni dopo essere stato eletto, cioè entro il 12 novembre», spiegano al Nazareno, «stiamo cercando di farlo ragionare».
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Enrico Letta aveva dato il suo ok. E con lui anche quel che resta del campo largo del centrosinistra. Il problema è la tempistica. Il timore, in caso di vittoria del centrodestra il 25 settembre è che la campagna elettorale per le regionali laziali si svolga in piena luna di miele. «Se Nicola lascia ad agosto si voterà a novembre, rischiamo di andare al massacro», è la preoccupazione che agita i dirigenti dem. Domani il senatore Bruno Astorre, segretario regionale, incontrerà Letta. Gli chiederà di intercedere. «Bisogna riportarlo alla regione ma non è semplice: ricordate le sue dimissioni improvvise da segretario dem? Nicola è uno dalle dimissioni facili», ricordano i suoi collaboratori più stretti.
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«Tecnicamente – spiega Astorre - l’incompatibilità scatterebbe 30 giorni dopo la proclamazione, prevista per il 13 ottobre. Si seguirebbero le stesse procedure quando D’Alfonso in Abruzzo e Vendola in Puglia furono eletti e optarono per il Parlamento. Diverso il caso di Formigoni nel 2008 che decise invece di optare per la presidenza della Regione Lombardia».
Va da sé che votare a novembre o come sperano i dem a cavallo tra la fine di gennaio e febbraio sarebbe molto diverso. «A quel punto – si fa osservare – il nuovo governo non avrà più la spinta dell’abbrivio iniziale e dovrà varare la finanziaria, il clima sarà molto diverso».
Con le dimissioni di Zingaretti il suo posto verrebbe preso dall’attuale vice Daniele Leodori. Il quale, paradossalmente, potrebbe venirsi a trovare nel doppio ruolo di presidente facente funzioni e di candidato, visto che il suo nome, insieme a quello dell’attuale assessore alla Sanità Alessio D’Amato sembra essere quello più quotato per correre alla carica di governatore.
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Ieri intanto, su Facebook, Zingaretti, si è lanciato in una citazione di Eleanor Roosvelt piena di doppi sensi: «Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone». «Siamo in campagna elettorale – ha proseguito il governatore -. Ora è il tempo per tutte e tutti di passione e proposte. Con estrema chiarezza: politiche per il lavoro, la scuola, la conoscenza, la sostenibilità ambientale e sociale, la parità di genere. L’impegno per lo sviluppo e contro le disuguaglianze. Con Enrico Letta per un’Italia semplice per le imprese e le persone», ha concluso. Per assurdo il centrosinistra laziale non sembra toccato dal tasso di inaffidabilità del M5S e lavora, come se niente fosse successo, in sintonia con i grillini. Come in Sicilia, del resto, dove ieri si sono tenute le primarie progressiste «Le elezioni locali sono un’altra cosa – si sostiene nell’entourage di Zingaretti – governiamo insieme anche in alcune città, a Napoli e a Bologna, ad esempio dove nessuno pensa di dimettersi. Per vincere alle regionali basta anche un solo in più, ricordate il 4% di Pirozzi?».