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Zingaretti lascia subito la Regione per candidarsi in Parlamento. Pd nel panico

Claudio Querques
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Non bastassero tutti i guai del dopo-Draghi nel Pd scoppia il caso-Zingaretti. L’attuale presidente della Regione Lazio ha deciso: vuole candidarsi alle Politiche, probabilmente alla Camera (Collegio 1). E fin qui tutto bene, come da copione, il suo addio alla Pisana era scontato. «Il problema è che Nicola non regge la pressione e vorrebbe dimettersi già a fine agosto mentre potrebbe farlo, calendario alla mano, 30 giorni dopo essere stato eletto, cioè entro il 12 novembre», spiegano al Nazareno, «stiamo cercando di farlo ragionare».

 

Enrico Letta aveva dato il suo ok. E con lui anche quel che resta del campo largo del centrosinistra. Il problema è la tempistica. Il timore, in caso di vittoria del centrodestra il 25 settembre è che la campagna elettorale per le regionali laziali si svolga in piena luna di miele. «Se Nicola lascia ad agosto si voterà a novembre, rischiamo di andare al massacro», è la preoccupazione che agita i dirigenti dem. Domani il senatore Bruno Astorre, segretario regionale, incontrerà Letta. Gli chiederà di intercedere. «Bisogna riportarlo alla regione ma non è semplice: ricordate le sue dimissioni improvvise da segretario dem? Nicola è uno dalle dimissioni facili», ricordano i suoi collaboratori più stretti.

 

«Tecnicamente – spiega Astorre - l’incompatibilità scatterebbe 30 giorni dopo la proclamazione, prevista per il 13 ottobre. Si seguirebbero le stesse procedure quando D’Alfonso in Abruzzo e Vendola in Puglia furono eletti e optarono per il Parlamento. Diverso il caso di Formigoni nel 2008 che decise invece di optare per la presidenza della Regione Lombardia».

Va da sé che votare a novembre o come sperano i dem a cavallo tra la fine di gennaio e febbraio sarebbe molto diverso. «A quel punto – si fa osservare – il nuovo governo non avrà più la spinta dell’abbrivio iniziale e dovrà varare la finanziaria, il clima sarà molto diverso».

Con le dimissioni di Zingaretti il suo posto verrebbe preso dall’attuale vice Daniele Leodori. Il quale, paradossalmente, potrebbe venirsi a trovare nel doppio ruolo di presidente facente funzioni e di candidato, visto che il suo nome, insieme a quello dell’attuale assessore alla Sanità Alessio D’Amato sembra essere quello più quotato per correre alla carica di governatore.

 

Ieri intanto, su Facebook, Zingaretti, si è lanciato in una citazione di Eleanor Roosvelt piena di doppi sensi: «Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone». «Siamo in campagna elettorale – ha proseguito il governatore -. Ora è il tempo per tutte e tutti di passione e proposte. Con estrema chiarezza: politiche per il lavoro, la scuola, la conoscenza, la sostenibilità ambientale e sociale, la parità di genere. L’impegno per lo sviluppo e contro le disuguaglianze. Con Enrico Letta per un’Italia semplice per le imprese e le persone», ha concluso. Per assurdo il centrosinistra laziale non sembra toccato dal tasso di inaffidabilità del M5S e lavora, come se niente fosse successo, in sintonia con i grillini. Come in Sicilia, del resto, dove ieri si sono tenute le primarie progressiste «Le elezioni locali sono un’altra cosa – si sostiene nell’entourage di Zingaretti – governiamo insieme anche in alcune città, a Napoli e a Bologna, ad esempio dove nessuno pensa di dimettersi. Per vincere alle regionali basta anche un solo in più, ricordate il 4% di Pirozzi?».
 

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