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Terremoto nel M5S. Beppe Grillo manda in pensione Giuseppe Conte e rispolvera il duo Raggi-Di Battista

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C’era un tempo in cui temevano le espulsioni. Una parola di troppo, una apparizione in tv e per i grillini scattava il cartellino rosso. Ora se ne vanno alla spicciolata. I senatori già in odore di dissidenza, i deputati che non hanno condiviso la rottura con il governo. Se ne andranno al Misto, anche solo per pochi giorni, «perché resti agli atti che noi non eravamo d’accordo». Sulle chat dei parlamentari l’umore baldanzoso e aggressivo dei giorni dell’abbandono s’è tramutato in sconforto. «È tutta colpa di Di Maio», si legge. E c’è anche chi se la prende con la Lega e con Forza Italia che avrebbero messo in atto un complotto per depotenziare il M5S. Nelle telefonate prima del voto Taverna, Gubitosa, Turco e Castellone - l’inner circle del presidente – si affannavano a convincere i colleghi perplessi magnificando il ritorno all’opposizione. Non è andata così e ora le accuse di sprecano. E le chat tacciono. Chi prima diceva «Al voto! Al voto!» ora dice «al vuoto! al vuoto!», scherza un deputato. La prossima settimana annuncerà la sua uscita dal gruppo «insieme ad altri» ma non vuole dirlo prima del tempo «per non rovinare la sorpresa» a quei colleghi «che hanno la forma mentis di un vecchio delatore comunista». «Con Conte sono rimasti solo 4 indiani, resterà solo chi punta a partecipare alla lotteria delle candidature», aggiunge. E anche su questo fronte le proiezioni non sono incoraggianti: grasso che cola se torneranno in Parlamento 30 deputati e 10 senatori a Palazzo Madama.

 

 

Con i collegi uninominali urge trovare nuovi alleati. Casse vuote, nodo del terzo mandato, contenziosi. Il morale della truppa è a terra, servono idee e rinforzi. Rocco Casalino sogna uno scranno a Palazzo Madama, Virginia Raggi è in rampa di lancio. E dalla Siberia con livore Alessandro Di Battista è pronto a rientrare in patria. Se avesse le phisique du role, anziché scrivere reportage dalla Russia verrebbe a riprendersi il Movimento. Ma lui è fatto così, della serie «mi si nota di più se scrivo da San Pietroburgo o se vengo intervistato dalla Collina Fleming?». Chi vede in lui insomma una sorta di «Lenin de noantri», l’esiliato che ritorna dall’esilio sui treni piombati dovrà ricredersi. Al massimo una tradotta senza nessuno ad accoglierlo alla stazione. Il capogruppo alla Camera Davide Crippa lo ha detto: «Dibba si è disiscritto». Per ora se ne starà da parte facendosi desiderare. Attivista politico e reporter, leader di se stesso, compagno di Shara e padre di Andrea e Filippo, come lui amorevolmente si descrive. Ma se Conte ha sterzato verso l’abisso in cui sono precipitati i 5Stelle è anche merito suo che non più di 3 giorni fa postava su Facebook le sue profezie: il reddito di cittadinanza che sarebbe stato modificato; le armi che sarebbero arrivate in Ucraina; il salario minimo demolito, rigassificatori e superbonus, etc etc. Per quanto ancora «Giuseppi» avrebbe retto questa pressione?

 

 

Per non dire di Paola Taverna, pronta a riaccoglierlo a braccia aperte. Proprio lei che mentre il suo ex collega parlava di «Movimento fallito» si sgolava per affermare il contrario incoronando Conte. Come è andata lo sappiamo tutti. Draghi si è disarcionato da solo ma a restare senza cavallo è stato l’avvocato di Volturara Appula. E dopo il derby con Di Maio si preannuncia un nuovo dualismo, con Beppe Grillo è pronto ad accogliere il figliol prodigo. Chi, se non Dibba, del resto, sarà in grado di affrontare le piazze in questa durissima campagna elettorale e farsi rivedere in giro o semplicemente affacciarsi sui social dopo i disastri di questi ultimi 4 anni? E dire che fino a ieri fra i parlamentari grillini i viaggi del giovane Dibba erano diventati una barzelletta. Il Che Guevara della Farnesina tutto biberon e pannolini. Da qualche ora il clima è cambiato. Quel che resta del’M5S ha bisogno di Dibba. E Dibba ha bisogno di quel che resta del M5S.

 

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