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Fine del governo Draghi: con le dimissioni confermate voto possibile dal 25 settembre

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Il terzo governo della XVIII legislatura volge (forse) al termine. Gli occhi sono puntati sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che terrà mercoledì 20 luglio in mattinata al Senato e nel pomeriggio alla Camera. Andando oltre i retroscena e le trame che si stanno tessendo tra i corridoi della politica, la crisi di governo è stata aperta e la grammatica costituzionale in questi casi ha un rigidissimo iter. L'ex capo della Bce ha rassegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale le ha rifiutate rimandandolo alle Camere.

La crisi dunque è stata parlamentarizzata con la richiesta da parte del capo dello Stato di verificare se esiste una maggioranza che sostenga il governo dai lui stesso voluto e battezzato nel febbraio del 2021. La volontà di Draghi, per ora, è quella di non tornare sui suoi passi e lo scenario più accreditato è quello che il premier tenga il suo discorso e poi - interrompendo il dibattito e quindi non facendo svolgere il voto - salga al Quirinale per dimettersi per la seconda volta. Sia in caso di accettazione delle dimissioni che in caso contrario (come si ipotizza per permettere al capo del governo di avere pieni poteri fino a elezioni) si aprirebbe la strada che porterà alla nuova legislatura e al nuovo esecutivo con lo scioglimento delle Camere.

Mattarella, senza aprire le consultazioni, comunicherà la data delle elezioni Politiche che dovranno tenersi tra i 45 e 70 giorni dopo lo scioglimento del Parlamento: sui calendari dei politici è già segnata in rosso la data del 2 ottobre, ma non si esclude nemmeno il 25 settembre e il 10 ottobre. Con questo schema, al momento, sembra escluso quindi il governo tecnico o traghettatore. La politica, tuttavia, ci ha abituato a colpi di scena e perché no anche ad effetti speciale, e in quattro giorni che ci dividono dalla verifica tutto ancora può accadere. Anche un Draghi bis. 

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