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M5s, Giuseppe Conte si piega e rompe ma adesso teme l'ombra di Alessandro Di Battista

Pierpaolo La Rosa
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Alla fine, come annunciato da Giuseppe Conte, il Movimento 5 Stelle mostra compattezza e non partecipa, nell’Aula di palazzo Madama, alla votazione sulla questione di fiducia sul decreto Aiuti, determinando le dimissioni, respinte dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Una scelta rivendicata dal leader pentastellato: «Se qualcuno ha operato una forzatura, si assuma la responsabilità di questa pagina che è stata scritta. O si hanno risposte vere, strutturali e importanti - ribadisce l’ex premier - oppure nessuno può avere i nostri voti. Se prendiamo degli impegni con governo, Parlamento e cittadini, e siamo coerenti, chi si può permettere di contestare questa coerenza? Non chiediamo posti, nomine, ma chiediamo di rispettare un programma definito all’inizio: transizione ecologica e urgenza della questione sociale che è esplosa adesso».

 

Uno strappo che trova d’accordo lo stesso garante pentastellato, Beppe Grillo, che nel corso del suo recente viaggio a Roma aveva perorato in un primo momento, nell’incontro con i parlamentari, le ragioni di un appoggio al governo, malgrado la tanto contestata norma, presente sempre nel decreto Aiuti, sulla costruzione di un termovalorizzatore nella Capitale. Poi, ecco la retromarcia del co-fondatore del M5S, che tende la mano a Conte dopo aver compreso la insofferenza manifestatagli da senatori e deputati, oltre che dai militanti.

 

Di certo, permangono le voci critiche all’interno del Movimento sulla scelta di non prendere parte ieri alla votazione di fiducia di ieri. Voci autorevoli come quella del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà e del capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa. Perplessità di non poco conto arrivano pure da quel Riccardo Fraccaro che è un po’ il padre del superbonus, uno dei temi su cui il M5S si è più scontrato con l’ex numero uno della Banca centrale europea. «Non sono sicuro se quello che abbiamo fatto sia la cosa giusta. Ho tanti dubbi anch’io, ma è da gennaio che stiamo lottando e diventa difficile se dopo sette mesi non abbiamo risposte» da palazzo Chigi, l’ammissione dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

 

Scettico, infine, Alessandro Di Battista: «Se davvero dovesse cadere il governo dell’assembramento (io non sono così sicuro) sarebbe un’ottima notizia», commenta l’ex deputato pentastellato che aggiunge: «Si appellano al senso di responsabilità quelli, che negli ultimi anni, sono stati responsabili solo del loro culo, tra l’altro flaccido come la loro etica»

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