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Crisi di governo, "vai in Parlamento". Retroscena Quirinale, cosa si sono detti Draghi e Mattarella

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Un incontro teso, con lo sfogo premier Mario Draghi: "Presidente, mi dimetto. Ma non per farmi riaffidare l'incarico. Lascio e basta. Definitivamente. Mi dispiace". A  citare le parole di Draghi è Marzio Breda, decano dei quirinalisti. Dopo il mancato voto sulla fiducia del decreto Aiuti in Senato da parte del M5s, il presidente del Consiglio sale al Colle e rassegna le dimissioni: "Non ha senso che io insista a farmi logorare", dice al capo dello Stato. Dimissioni respinte da Mattarella che sottolinea come in realtà il governo, anche  senza voti grillini, ha ancora la fiducia del Parlamento.

 

"Capisco le difficoltà e comprendo le ragioni che mi hai elencato. La scelta è tua, ma ti invito a rifletterci su ancora. Dopotutto non sei stato sfiduciato. Le dimissioni mettiamole da parte fino a mercoledì. Pensaci. Poi vai in Parlamento a valutare la situazione, per doverosa trasparenza. Io spero che tu cambi idea", le parole del capo dello Stato secondo il  retroscena di Breda. Inoltre emerge che Draghi e Mattarella si erano parlati anche prima, ma il confronto era stato tenuto segreto per non turbare i mercati. 

 

Mercoledì il premier andrà alle Camere, "cinque giorni, durante i quali il Quirinale spera in un ripensamento di Draghi, che intanto volerà in Algeria per chiudere gli accordi sul gas", ricorda Breda. Ma non è l'ipotesi più probabile. Draghi "tra Montecitorio e Palazzo Madama, potrebbe limitarsi a semplici «comunicazioni» e abbandonare l'aula senza che questa si esprima con un voto (mentre un dibattito sarebbe inevitabile) e tornare sul Colle per formalizzare in via definitiva il suo abbandono. O potrebbe tornare sui suoi passi e accettare un rilancio, qualora la road map tracciata da Mattarella per parlamentarizzare la crisi e far assumere alle forze politiche le proprie responsabilità porti a un tale risultato. Una chance in cui, appunto, non crede però quasi nessuno", è il commento del quirinalista.

 

La situazione è quantomai complessa. Draghi formalmente ha la fiducia del Parlamento ma il governo di unità nazionale non esiste più. Non ci sono alternative per Palazzo Chigi e al netto di un clamoroso dietrofront di Giuseppe Conte lo scenario è quello delle elezioni anticipate. 


 

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