Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Asse Salvini-Berlusconi: nessun governicchio, mai più ostaggi di Pd e 5Stelle

Tommaso Carta
  • a
  • a
  • a

Asse tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sull'ipotesi di elezioni politiche anticipate. Il Cavaliere prova a tenere Forza Italia nell'alveo della «responsabilità», nel giorno delle dimissioni di Mario Draghi dopo l'uscita del M5s dall'Aula durante il voto di fiducia al decreto Aiuti al Senato. Mentre il segretario leghista, ancora molto impegnato a cercare di allontanare da sè l'immagine del «distruttore» di maggioranze, incentra la comunicazione del partito sulla richiesta di «ridare la parola agli italiani».

 

Anche se è ancora da capire se la Lega deciderà di sfilarsi dalla maggioranza in un eventuale voto di fiducia a Draghi, mercoledì alle Camere. Berlusconi e Salvini si erano sentiti martedì e si sono risentiti ieri. Nel colloquio, i leader di FI e Lega hanno concordato che il centrodestra di governo deve gestire unito questa partita, anche perché, qualora l'esecutivo di Draghi andasse avanti o dovesse esserci un «bis», non sono in alcun modo intenzionati a subire ricatti da M5S o Pd e accettare che passino provvedimenti divisivi. Malgrado Berlusconi sia più cauto, l'obiettivo primario di entrambi restano le elezioni anticipate con un centrodestra vincente, viene riferito.

 

Dalle parti del Cavaliere la preoccupazione per la situazione del Paese è forte. Ma viene valutata inaccettabile la forzatura dei 5 stelle, che si devono assumere, viene riferito, la responsabilità di questo strappo. Per FI le opzioni sul campo sono «Draghi o voto». Il Cavaliere è più cauto di Salvini rispetto all'ipotesi di urne anticipate ma i loro obiettivi vengono descritti come comuni. Il segretario leghista sceglie il silenzio, così come il suo staff, per tutta la giornata. Lascia parlare le note ufficiali e i due emissari, il vice Lorenzo Fontana e il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo. Brevemente intercettato dai cronisti, in mattinata, al termine della riunione con Salvini e gli altri dirigenti del partito, Giancarlo Giorgetti parla di «tempi supplementari» rispondendo a chi gli chiede se l'esecutivo è finito. Poi Draghi sale al Colle annuncia le dimissioni e la Lega si limita a diffondere una nota in cui si definisce l'Italia e il premier come «vittima» dei «troppi "no" del Movimento 5 stelle e delle forzature ideologiche del Partito Democratico».

 

«La Lega, unita e compatta anche dopo le numerose riunioni di oggi si sostiene- condivide la preoccupazione per le sorti del Paese: è impensabile che l'Italia debba subire settimane di paralisi in un momento drammatico come questo, nessuno deve aver paura di restituire la parola agli italiani».

Da parte del centrodestra di governo c'è irritazione nei confronti del Pd che continua a legare la maggioranza a doppio filo con i 5 stelle, anche dopo l'episodio grave di ieri. Berlusconi e Salvini devono poi vedersela con le ali piu «governiste» dei due partiti, più caute dei loro leader rispetto alle ipotesi di voto anticipato, come dimostrano gli appelli dei ministri azzurri Renato Brunetta e Mariastella Gelmini a proseguire l'esperienza con Draghi. Nel Carroccio, martedì, erano stati i governatori delle Regioni del nord a vestire l'abito dei più moderati: «Io spero che non ci siano motivi perché questo governo cada - aveva detto il presidente del Veneto Luca Zaia anche perchè quando cade un governo c'è sempre un fase di limbo pericoloso. Il ruolo della Lega è sempre quello di un partito di governo, con i suoi sindaci e governatori. Al governo però ci stai condividendo un programma di governo, che per noi è strategico, in primo luogo l'autonomia». Ieri, invece, su quelle latitudini è stato registrato un religioso silenzio. L'impressione è che di fronte all'avvitarsi della crisi comunque i governatori decidano di allinearsi alla linea Salvini. Anche se ci saranno almeno cinque giorni di discussione interna.

Dai blog