Il giorno più lungo di Giuseppe Conte, vittima della sua strategia. Ore d'ansia per il M5S
L'ultima scommessa (o speranza) di Giuseppe Conte è che quello di Draghi, Letta e Salvini sia solo un bluff. Perché se così non fosse e davvero il Paese precipitasse verso il voto la sua strategia, all'improvviso, cadrebbe come un castello di carte. Perché il Movimento 5 stelle ha bisogno di rifarsi una verginità con alcuni mesi all'opposizione, perché rimettere in piedi il campo largo con il Pd - che da queste settimane esce disastrato - richiederà tempo. E perché di fronte a una campagna elettorale lampo i suoi modi felpati e legulei sarebbero inevitabilmente messi in ombra dal ritorno a grande richiesta del figliol prodigo Di Battista. È stato proprio quest' ultimo scenario a far vacillare l'avvocato nella nottata di martedì. Quando si racconta sia stato contattato da diversi esponenti del suo secondo governo, quello giallorosso. Tutti concordi nel chiedergli di non fare mosse azzardate. Di salvare il governo. Spiegandogli che un ritorno al Movimento alle origini avrebbe avuto uno sbocco naturale, la leadership di Di Battista appunto, mentre la sua immagine «istituzionale» ne sarebbe uscita irrimediabilmente ammaccata. Conte, al termine di una notte di riflessioni, è entrato nel Consiglio nazionale del Movimento con la consapevolezza di dover percorrere una via strettissima. L'ipotesi messa sul tavolo è stata quella di uscire dall'aula oggi al momento del voto di fiducia sul dl Aiuti in Senato. Preparando, al contempo, un documento in cui si sarebbe ribadito l'appoggio al governo. Una soluzione che a taluni - i più barricaderi, come i vicepresidenti Ricciardi e Gubitosa- sembrava tuttavia troppo morbida. E che, comunque, è stata superata dalle dichiarazioni di Letta e Salvini, coincidenti nell'evocare il voto in caso di strappo dei cinquestelle.
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A quel punto il Consiglio nazionale ha preso una piega diversa, i toni si sono ammorbiditi, il timore delle elezioni e di essere additati come irresponsabili ha fatto vacillare l'avvocato. Dopo cinque ore, però, una decisione non era stata ancora presa e la riunione si è aggiornata alla serata. Una spinta verso una soluzione positiva ha provato a darla Draghi, telefonando a Conte e garantendogli, nella versione raccontata dall'avvocato, aperture a tutte le richieste dei Cinquestelle. Ma rimettere il dentifricio nel tubetto dopo averlo spremuto fuori è impossibile. O quantomeno molto difficile. I messaggi arrivati dall'ala più barricadera del partito, prevalente al Senato, hanno chiarito che nessuna retromarcia era possibile. Se il Movimento si fosse preparato a votare la fiducia al governo, almeno in dieci si sarebbero smarcati. Una spaccatura che, oggi, rischia di verificarsi sul lato opposto, quello dei governisti. Che ci hanno sperato fino all'ultimo se è vero che, entrando al Consiglio nazionale serale la ministra Fabiana Dadone aveva risposto con un «ci proviamo» a chi gli chiedeva delle possibilità di ricucitura. Invece dall'assise dei vertici il Movimento esce con la linea dello strappo e a Montecitorio, parlando ai gruppi riuniti, Conte sceglie le parole più dure.
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Al di là delle aperture a Draghi - «ma aspettiamo misure concrete» - i toni sono da campagna elettorale. L'avvocato prima si prende il merito della crescita al 6% nel 2021 e poi tuona: «Il Paese oggi è sull'orlo del baratro» e «essere responsabili non significa stare zitti e buoni di fronte a questo scenario». Anche perché «ormai si è aperta una nuova fase» rispetto a quando Mattarella chiese l'adesione alla maggioranza e «chi oggi ci accusa di irresponsabilità si faccia un esame di coscienza su quanto ha fatto finora». Poi l'annuncio dell'uscita dall'aula per il voto di fiducia al dl Aiuti a causa della presenza, nel testo che stanzia 16 miliardi contro il caro prezzi, della norma pro-inceneritore a Roma. In tanti si alzano in piedi per applaudire. Alle spalle del premier, però, si nota l'espressione tutt' altro che soddisfatta del capogruppo alla Camera Davide Crippa, che resta a braccia conserte. Sono da poco passate le 22 e cala il sipario sulla giornata più lunga dell'avvocato da leader del M5s. Oggi ne comincerà un'altra, forse ancora più complicata.
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