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Crisi di governo, Conte convoca il Consiglio nazionale. M5s compatto: "Risposte vere o niente voti"

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Giuseppe Conte convoca il Consiglio nazionale del M5s dopo le dimissioni annunciate dal presidente del Consiglio Mario Draghi e poi respinte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

È stata una giornata difficilissima per il governo con il Movimento che ha tirato dritto sordo al richiamo alla responsabilità arrivato dagli alleati del campo largo, e non solo. Ha scelto la strada della compattezza, imboccando deciso la strada tracciata dal presidente Giuseppe Conte, e sostenuta anche dal garante Beppe Grillo. Nessun passo indietro, nessun ripensamento, nessun voto 5S in Senato sulla fiducia posta dal governo sul dl Aiuti. “Chiediamo di rispettare un programma definito all’inizio: transizione ecologica e urgenza della questione sociale che adesso è esplosa. O si hanno risposte vere, strutturali e importanti opporre nessuno può avere i nostri voti”, ha ribadito l’ex premier dopo l’esito del voto a Palazzo Madama in cui il gruppo pentastellato rispetta per filo e per segno il copione scritto alla vigilia del passaggio in Aula del decreto che contiene la norma indigesta sul termovalorizzatore di Roma.

A sera, dopo le dimissioni annunciate di Draghi e respinte da Mattarella, Conte riunisce nuovamente il Consiglio nazionale per fare il punto della situazione. Prima del voto va detto si registra un’altra defezione nel Movimento: la senatrice Cinzia Leone lascia e passa con i dimaiani di Insieme per il futuro. Ma a certificare l’unità del gruppo sono i tabulati: nessuno dei 61 senatori M5s partecipa al vota (15 risultano in missione, tra cui anche il ministro Stefano Patuanelli, e gli altri 46 risultano invece assenti).

Non manca poi la polemica asprissima del ministro Di Maio, ex capo dei grillini, che critica quanto accaduto al Senato. "I dirigenti M5S stavano pianificando da mesi l’apertura di una crisi per mettere fine al governo Draghi” ha dichiarato il ministro Di Maio. Per il titolare della Farnesina, protagonista della scissione da cui è nato Ipf, dalle parti di via di Campo Marzio “sperano in 9 mesi di campagna elettorale per risalire nei sondaggi”. “Non votare la fiducia al governo è un fatto grave, va chiesta una verifica di maggioranza”, conclude, non prima però di aver rivolto un appello ai colleghi che “non si riconoscono più in quello che, di fatto, non è più il Movimento 5 Stelle. Oggi è una forza politica che alcuni dirigenti hanno distrutto per egoismi ed opportunismi, trasformandola in un ‘partito padronale’”. Un invito nemmeno troppo velato a voltare pagina entrando in "Insieme per il futuro".

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