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Conte annuncia la spallata: "Le parole di Draghi non bastano". Governo verso la crisi, cosa succede adesso

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Aventino sì o no. Il presidente del M5S, Giuseppe Conte, sfoglia la margherita in una giornata lunghissima. E alla fine si decide per il sì. «Non votiamo, usciamo dall’Aula», questa la linea che il leader pentastellato conferma nella riunione dei gruppi parlamentari, rimarcando: «Il nostro documento non è un elenco di bandierine».

 

«Non possiamo che agire con coerenza». E «domani non parteciperemo al voto» di fiducia sul dl Aiuti, ha Giuseppe Conte ai parlamentari M5s riuniti dopo un Consiglio nazionale fiume. Il M5s, ha spiegato, ja «le proprie ragioni», in particolare sui poteri straordinari dati al commissario di Roma in vista del Giubileo, ha premesso. Poteri che «non sono stati dati alla nostra sindaca uscente» ma «noi non ci siamo opposti. I nostri ministri hanno chiesto una riformulazione in linea con il piano regionale per i rifiuti, con i principi europei» ma tutto «questo è stato respinto», così ripenta è stata la richiesta di mettere la norma in un decreto ad hoc o in un emendamento. «I nostri ministri sono stati costretti a non partecipare al voto. Come si poteva trascurare questo segnale politico?».  Ai parlamentari Conte ha ricordato che mentre alla Camera è stato possibile un voto disgiunto per cui M5s ha potuto votare la fiducia e non votare il merito del dl Aiuti, non avviene così al Senato.

 

L'ex premier ha parlato di un Paese sull'orlo del baratro e tra i punti sollevati c'è quello del Reddito di cittadinanza: «Se oggi otto milioni di famiglie sbarca il lunario ogni mese lo si deve al Reddito di cittadinanza che qualcuno vuole smantellare e che come abbiamo chiarito al presidente Draghi non lo permetteremo».  «Siamo disponibili a dialogare» ma non a consegnare «una cambiale in bianco», ha detto  il presidente M5s che rivendica: il documento presentato al governo non è stato un mettere delle «bandierine» ma «un contributo serio» alle richieste del Paese, «esprime e interpreta il momento drammatico» per la crisi in corso. 

 

Il verdetto è arrivato dopo lunghe ore di confronto. Il riunione del Consiglio nazionale è iniziato alle 9, andato avanti per diverse ore, poi interrotto dalla telefonata con il premier Mario Draghi e, quindi, ripreso intorno alle 19.30 con un nuovo confronto nella sede di Campo Marzio, a Roma. La scelta M5s  rischia di avere un effetto deflagrante sull’esecutivo. Anche perché  a Palazzo Madama la fiducia e il parere espresso sul provvedimento non sono scissi, come accaduto lunedì a Montecitorio, quando il Movimento ha votato la fiducia, appunto, ma si è astenuto sul decreto, con l’eccezione di Francesco Berti, che oggi ha deciso di dire addio al gruppo del M5S alla Camera per entrare in Insieme per il futuro, la nuova creatura di Luigi Di Maio. Che è tornato a scagliarsi contro gli ex compagni di avventura: «La stabilità è un valore in Italia e in Europa ma per qualcuno è un disvalore».  Intanto Matteo Salvini ha ribadito: se i senatori M5s escono dall'aula la maggioranza è finita. 

Se i 5stelle usciranno dall'aula è probabile che Draghi salga al Colle. Poi ci sarà una verifica in Parlamento della fiducia, con i 5Stelle che a questo punto difficilmente cambieranno idea. E visto che, almeno al momento, un Draghi bis è escluso si arriverebbe a elezioni anticipate. 

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