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Dietrofront M5s, Conte si rimangia lo strappo. Al Senato i grillini usciranno dall'aula sul decreto Aiuti

Gianni Di Capua
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Non lo escludo, non lo escludo. Vediamo». Tra i 5 Stelle più scettici rispetto alla permanenza al governo, il capodelegazione Stefano Patuanelli risponde con una ripetizione rafforzativa a chi gli chiede se il partito di Giuseppe Conte uscirà dall'Aula del Senato, giovedì, per evitare di votare il decreto Aiuti, su cui il governo ha posto la questione di fiducia. A Palazzo Madama, il voto è unico e il Movimento non può replicare lo schema della Camera: ovvero sì alla fiducia e astensione sul provvedimento che non convince i pentastellati. E il ministro delle Politiche agricole non nasconde che il M5S potrebbe optare per l'uscita dall'Aula. Ipotesi che in passato, perla verità, ha portato a provvedimenti duri come l'espulsione di alcuni parlamentari grillini. E che, soprattutto, aprirebbe scenari molti incerti per il governo di Mario Draghi.

 

A livello di numeri, l'esecutivo comunque incasserebbe la fiducia del Senato, dopo quella della Camera, ma dovrebbe fronteggiare il peso e i rischi di un atto politico netto e grave da parte del Movimento guidato da Giuseppe Conte. In questo scenario, sono sempre maggiori le forze politiche di maggioranza che si interrogano su porsi davanti all'ipotesi di un «Draghi bis». Ovvero l'ipotesi di un governo guidato sempre dall'ex governatore della Bce, ma senza i 5 Stelle, che comunque avrebbe i numeri grazie alla scissione dei «dimaiani» di «Insieme per il futuro».

 

Per la verità, è stato in primo luogo lo stesso Draghi a escludere questa eventualità. «Non sono disposto a guidare un governo con un'altra maggioranza», ha scandito il presidente del Consiglio, il 30 giugno, assicurando che quello in carica sarà «l'ultimo governo» di legislatura in cui ricoprirà la carica di premier e che «il governo non si fa senza i 5 Stelle».
Dal fronte del centrodestra di governo, però, arriva una timida apertura di Matteo Salvini, che non esclude un governo senza il M5S.

Netta è la linea di Italia viva. «Sarebbe un fatto veramente irresponsabile l'abbandono dei 5 Stelle- spiegano fonti del partito di Matteo Renzi- nell'ipotesi noi andremo avanti ancora più serenamente, senza di loro può andare solo meglio». Mentre è più complessa la posizione del Pd, alleato del M5s. Nel corso della direzione, di fine giugno, Enrico Letta aveva definito «inopportuna ogni discussione su qualunque modifica della squadra di governo o del profilo della maggioranza: appoggi esterni, partiti che passano all'opposizione».

 

«Tutto questo sancirebbe probabilmente la fine anticipata della legislatura», aveva chiarito, evocando il voto politico anticipato.

A chi gli chiedeva dell'ipotesi di Draghi bis, il 7 luglio, Letta era parso più possibilista: «Se il M5s esce dalla maggioranza cosa succede? Quando succederà ci porremo il problema, per adesso c'è il governo Draghi». «Noi rimaniamo alla decisione presa insieme nella Direzione nazionale del Pd il 30 giugno: il governo Draghi è per noi l'ultimo della legislatura», aveva poi precisato il giorno seguente. Ma nel partito il dibattito è aperto, con Dario Franceschini che ha «minacciato» la fine di ogni alleanza con il M5S se Conte avviarà lo strappo. O Nicola Zingaretti che ha duramente criticato il presidente del M5s sostenendo che «non è più riferimento del progressismo». Per Forza Italia ha parlato la settimana scorsa il coordinatore nazionale Antonio Tajani. «È molto difficile che possa nascere un altro governo - ha avvertito - Se cade questo, è finita la legislatura».

 

«Le parole di Patuanelli sono pesanti. Conte sta con piede dentro e uno fuori dalla maggioranza- lamenta il segretario di +Europa e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova - Tira troppo la corda per ragioni puramente elettoralistiche». «Giovedì non accadrà nulla - sostiene, dall'opposizione, il capogruppo di Fratelli d'Italia Luca Ciriani Siamo di fronte a un'altra commedia degli inganni. Il M5s abbaierà molto, morderà un poco ma alla fine il governo andrà avanti più ammaccato di prima».

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