Governo, la mossa di Mario Draghi ha messo il M5S all'angolo: si decide tutto in Senato
Alla Camera la maggioranza che sostiene il governo Draghi ha tirato un sospiro di sollievo. Giovedì scorso i deputati del M5s hanno dato il via libera alla fiducia sul dl Aiuti con soltanto una quindicina di assenze. Ma ora la partita si sposta al Senato, dove il provvedimento dovrà essere approvato la prossima settimana (c’è tempo fino al 16 luglio). E qui le cose si complicano perché i numeri sono meno generosi che a Montecitorio ma soprattutto perché i senatori del M5s sono più critici nei confronti del governo. Ieri è stata la capogruppo Castellone a spiegare in un’intervista al ’Corriere della Serà: «Pretendiamo che il governo Draghi cambi marcia». Ha precisato: «Il disagio politico dei colleghi è comprensibile e riflette anche quanto ci chiede l’intera comunità del M5s». Anche se ha assicurato che «da forza leale e responsabile quale siamo non attuiamo di certo scelte importanti pensando al consenso». Nessun passo indietro: «Abbiamo posto questioni rispetto alle quali gli italiani meritano risposte chiare - ha scandito Castellone - Adesso aspettiamo i fatti, serve discontinuità». Tra i parlamentari del M5s è piuttosto diffuso il pessimismo: difficile che il premier Draghi possa dare seguito ai nove punti che il leader Conte gli ha consegnato. E mentre il ministro Di Maio, fondatore dei gruppi Insieme per il futuro, continua a criticare le «picconate» al governo in un momento così complicato, i pentastellati sono preoccupati.
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In fondo, ragionano nel Movimento, anche le parole di Draghi, che ha ribadito che il suo esecutivo non può esserci senza 5 Stelle, finiscono per spingerli in un angolo. In cui rischiano di perdere ancora terreno dopo la pesante sconfitta alle ultime elezioni amministrative. Ma se le perplessità sono diffuse, l’idea di staccare la spina al governo non convince tutti. Le altre forze politiche non mostrano di voler tendere la mano ai pentastellati. In particolare tante continuano a chiedere una profonda revisione del Reddito di cittadinanza, principale bandiera del Movimento. Lo stesso Conte ha chiesto al premier Draghi di far rispettare dal resto della maggioranza la principale misura decisa dal governo allora guidato dal leader M5s. Una sponda è arrivata dal Rapporto annuale che l’Istat ha presentato ieri, secondo cui le misure di sostegno economico erogate nel 2020, in particolare reddito di cittadinanza e di emergenza, hanno evitato a un milione di individui (circa 500mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta. Conte non indietreggia: «Abbiamo consegnato un documento al premier Draghi in cui pretendiamo un cambio di passo immediato per sostenere davvero famiglie e imprese travolte dalla crisi. Servono segnali immediati. Nessuno si salverà da crisi e inflazione con un bonus una tantum da 200 euro. Il Movimento 5 Stelle è nato per difendere i diritti dei cittadini e rispondere ai loro bisogni reali. Ad ogni costo, in ogni momento» ha scritto sui social.
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Un avvertimento che è diventato ancora più esplicito nella serata di ieri: «Nel documento (quello consegnato al premier, ndr) - ha rivendicato Conte - non troverete bandierine, né un libro dei sogni, trovate le urgenze del Paese. E se a queste urgenze, in una situazione serissima, drammatica, non si dà una risposta, capite che non ci sono le condizioni per continuare a condividere una responsabilità rispetto a processi decisionali in cui noi siamo stati marginali. Rispetto a quelle priorità - ha proseguito - c’è non tanto il desiderio ma la concreta determinazione ad affrontarle adesso? Altrimenti la situazione peggiorerà e questa responsabilità di aspettare che peggiori senza intervenire, non la possiamo condividere. Se la risposta è sì - ha concluso - noi ci siamo, se è no non ci possiamo essere, ma per responsabilità». Ora la resa dei conti si sposta a Palazzo Madama.
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