Governo, Giuseppe Conte dà l'ultimatum a Mario Draghi: “Ci risponda o non ci stiamo più”
In questa legislatura non ci sarà nessun altro governo diverso da quello attuale. Giuseppe Conte è avvisato. Se uscirà dall'esecutivo si assumerà le responsabilità del voto anticipato, perché il Pd non è disposto a sostenerne uno nuovo con una maggioranza diversa. «Per evitare fraintendimenti, preciso che noi rimaniamo alla decisione presa insieme nella Direzione Nazionale il 30 giugno; il governo Draghi è per noi l'ultimo della legislatura», scrive il segretario Pd Enrico Letta. Parole che non sembrano scalfire il capo politico del M5S. «Non mi permetto di fare previsioni, non sono il presidente della Repubblica, non ho elementi e non ho la palla di vetro» per prevedere quando si andrà a votare, «io lavorerò affinché ci siano le condizioni per fare il benessere del Paese. Quando si voterà non dipende da me», replica Conte. Come dire: i 5 Stelle faranno le proprie scelte, poi starà al Quirinale decidere cosa fare.
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Sui tempi dell'eventuale crisi, Conte è sibillino: «Partire per le vacanze o meglio restare in zona perché cade il governo? Voi partite per le vostre vacanze, e poi vi aggiorneremo», dice Conte. L'ex premier attende una risposta da Draghi sul documento che gli ha presentato nel corso del vertice a Palazzo Chigi. Lì - spiega Conte «non troverete premure, né un libro dei sogni, trovate le urgenze del Paese. E se a queste urgenze, in una situazione serissima e drammatica, non diamo una risposta, dal nostro punto di vista non ci sono le condizioni per condividere la responsabilità, non possiamo accettare questa situazione senza intervenire. Noi non ci siamo». Le parole di Conte suonano come un ultimatum a Draghi. «Le urgenze non sono domani o dopodomani, sono oggi- rimarca il capo politico M5S -. Quando dico che il premier davanti a un documento così serio deve poterci dare delle risposte concrete è ovvio che deve fare delle verifiche, però non stiamo certo parlando di mesi e neppure di settimane. Attendiamo adesso una risposta e di confrontarci per valutare quali sono le concrete disponibilità che verranno rispetto a questo documento» sul quale «ci aspettiamo una valutazione anche da altre forze politiche, anche dal Pd. È su questo che si può ragionare di alleanze. Campo largo? Andiamo vedere quali sono i soggetti, devono essere soggetti che danno garanzie di affidabilità e di leale collaborazione, perché se non si prendono degli impegni agli occhi dei cittadini ma non si può essere conseguenti». Parole che suonano come una rottura sia con il governo sia con il Partito democratico.
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Quanto al M5S, Conte assicura: «È più in salute che mai», anzi il «percorso interno affrontato» ha «contribuito a rafforzare la dignità» del MoVimento. Conte comunque ancora non ha deciso se rompere e uscire dalla maggioranza - come gli chiede la base- o restare al governo. Giovedì c'è però il voto di fiducia al Senato sul Dl Aiuti (provvedimento che contiene anche la norma sugli inceneritori) e per quella data le risposte di Draghi sui 9 punti contenuti nel documento M5S potrebbero ancora non essere arrivate. Per questo Conte sta studiando una exit strategy: non partecipare al voto, che al Senato, a differenza che a Montecitorio, non è disgiunto. Alla Camera, i 5 Stelle hanno votato sì la fiducia, ma si asterranno lunedì sul testo, lasciando platealmente l'Aula. Al Senato il voto è un unicum, dunque su fiducia e decreto. Per questo i 5 Stelle sono propensi a non partecipare, così da mettere in sicurezza il governo evitando scivoloni, in attesa delle risposte del premier e, in base a queste, decidere se restare in maggioranza o meno.
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