I tormenti di Giuseppe Conte: ora pensa seriamente di togliere i ministri e dare l'appoggio esterno a Draghi
L'incidente con il premier Mario Draghi per Giuseppe Conte non si è chiuso con la smentita di Palazzo Chigi delle parole che Beppe Grillo avrebbe affidato a Domenico De Masi. Si attende un chiarimento, anche se tra i due l'appuntamento non c'è ancora: con molta probabilità verrà fissato nella giornata di oggi. Ma benché ministri e sottosegretari grillini assicurino a taccuini aperti e telecamere accese che non c'è volontà alcuna di abbandonare la nave del governo, i vertici 5 Stelle, forte il pressing dei parlamentari e della base, accarezzano l'idea di fare un passo indietro, o meglio di lato, assicurando l'appoggio esterno ma di fatto sfilandosi dall'esecutivo, confermano fonti di primo livello all'Adnkronos.
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La miccia per dare il 'benservito', ammesso che alla fine si arrivi a questo, non saranno le parole potenzialmente incendiarie attribuite al garante e fondatore del M5S - con suo grande rammarico, "sono stato strumentalizzato", si è lamentato coi suoi -, perché è vivo il timore che venga letto come "un fatto personale, mentre si è trattato di un attacco durissimo a una forza politica, una questione di democrazia", il ragionamento che rimbalza nei vertici pentastellati, dove la smentita di Palazzo Chigi non ha colto nel segno: "è tardiva, impossibile prenderla per buona". Bensì un incidente parlamentare che faccia percepire il malessere del M5S, "perché la voglia di metterci fuori dal governo è evidente", la convinzione che accomuna vertici e truppe parlamentari. Da oggi, è dunque il diktat, al governo il M5S sarà ancor più intransigente nel difendere le sue battaglie, in quella che appare come una sorta di attesa di un 'casus belli' per voltare le spalle a Draghi e al suo governo.
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Una mina potenziale potrebbe essere quella del termovalorizzatore di Roma - che registrò in Cdm l'astensione dei 5 Stelle al decreto Aiuti - con l'emendamento grillino al dl ieri respinto dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. Se dovesse arrivare la fiducia, per il governo potrebbe aprirsi un bel problema, anche se uscire per l'inceneritore dopo che Grillo, nei giorni scorsi, ha stroncato ogni tentazione su questa battaglia -"non si esce dal governo per un ca..o di termovalorizzatore", aveva strigliato i suoi- rischia di rendere ancor più profonda la frattura tra il garante e il Movimento, dopo il repentino allontanamento di Grillo dalla Capitale, bypassando l'incontro con la delegazione M5S di governo e il faccia a faccia con Conte.
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Tra i due, tuttavia, le interlocuzioni sarebbero in corso anche in queste ore, sul tavolo il futuro del Movimento, compresa l'incognita governo. Alcuni parlamentari ricordano che martedì, durante gli ultimi incontri alla Camera, il fondatore del Movimento non aveva disdegnato l'ipotesi di un appoggio esterno, che tenesse comunque in vita il governo, aprendo di fatto uno spiraglio. "Quando non si ha più potere contrattuale allora è lì che bisogna restare per scassare le pa..e", avrebbe invitato Grillo a riflettere. Ma a chi gli faceva notare che vale esattamente il contrario, domandando che senso abbia restare senza poter incidere, Grillo ha risposto con un laconico "ma sì, mi sa che avete ragione voi”. C'è tuttavia un'altra incognita che grava sul M5S e sulle scelte di permanenza nel governo Draghi. L'attesa pronuncia del Tribunale di Napoli sul reclamo degli attivisti, attesa per il 6 luglio: se il giudice dovesse dare loro ragione, Conte si ritroverebbe 'senza voce'. "Ovviamente i parlamentari hanno un potere decisionale autonomo - ragione un big del Movimento - ma comunicativamente sarebbe più complesso gestirla...".