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Il Partito Democratico si spacca. Stefano Bonaccini avverte Enrico Letta: “Basta inseguire i grillini”

Camillo Barone
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«Noi abbiamo inseguito per troppo tempo il Movimento 5 Stelle, ma quando tu insegui qualcuno decidendo le tue mosse in base a quello che fa lui, la gente tra l'originale e la fotocopia segue la prima»: così ha detto ieri lapidario il presidente Dem della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, intervenendo ad Agorà Estate su Rai 3. In molti hanno visto in queste parole una chiara sfida al segretario del Partito democratico Enrico Letta, che nelle stesse ore parlava del progetto del «Nuovo Ulivo» per non accantonare una volta per tutte il sogno del «campo largo» che unisca la sinistra al Movimento di Beppe Grillo, fino alla grande galassia dei nuovi e vecchi partiti centristi. Ma la prima e più importante spina nel fianco è arrivata da Bonaccini, che ha dettato la sua agenda, affermando che «il Pd nei prossimi mesi deve costruire una proposta per il Paese che possa interessare milioni di italiani, ancorata all'Europa e che riesca a vincere l'elezione». Andando poi dritto al punto: «Non so se definirlo campo largo o campo stretto, ma bisogna scegliere quattro o cinque punti cardini su cui costruire una proposta e capire a chi può interessare».

 

 

Per il governatore emiliano la soluzione va individuata in una futura alleanza con le liste civiche, perché si tratterebbe di «un civismo nuovo rispetto a qualche anno fa, perché non è più solo di protesta». Bonaccini crede si possa ancora guardare da sinistra all'M5S, ma senza escludere gli esuli dimaiani perché «sono persone che hanno capito che non è solo con le urla e le accuse che si può governare un Paese». Subito è arrivata la replica del senatore Dem Andrea Marcucci, da sempre vicino alle istanze più renziane del Pd: «Penso che la strada indicata da Bonaccini sia quella giusta. Non si possono fare alleanze preventive a scatola chiusa. Il Pd ha i titoli e le qualità per trovare un'intesa a partire dai più simili. Il filo conduttore deve essere europeismo, atlantismo ed agenda Draghi». Tradotto: si continui con Mario Draghi premier, alleati però dei fuoriusciti moderati dei principali partiti italiani, quelli che già sono in campo come Italia viva, Insieme per il Futuro di Di Maio, Azione di Carlo Calenda, +Europa, e quelli che potrebbero farsi avanti prossimamente, come l'ala giorgettiana ed europeista della Lega. Bonaccini conferma solo in parte la teoria del grande «partito Draghi dopo Draghi», ma ammette che «oggi le persone cambiano voto molto rapidamente, quindi ci si può rivolgere ad elettorati che fino a poco tempo fa non pensavano di poterti votare. Bisogna quindi impegnarsi sui temi perché non ci sono più baluardi insormontabili».

 

 

E poi, quando interrogato su una sua eventuale futura candidatura a segretario nazionale del Partito democratico, è arrivata la rassicurazione: «Teniamo i piedi per terra. Sono a disposizione per dare una mano. Non mi interessa cosa farò dopo, così come giustamente non interessa alle persone. Per troppo tempo abbiamo parlato solo di nomi e cognomi, concentriamoci invece più sui contenuti e sui temi che interessano a cittadini e imprenditori». Sono lontani i tempi di «Enrico stai sereno», ma è risaputo che in casa Pd nessuno può dormire sonni tranquilli, tantomeno chi è già stato defenestrato una volta.

 

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