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Enrico Letta prova a festeggiare ma i numeri lo smentiscono. E il M5S crolla anche al Sud

Domenico Alcamo
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E va bene. Cercano dalle parti del Nazareno, di portare tutta l'acqua che c'è al proprio mulino. L'altra volta, al primo turno delle amministrative, il segretario Pd Enrico Letta esultò sul Pd primo partito, che era un po' come essere campioni di inverno. Un segnale, certo, ma la strada è ancora lunga. E nonostante i dem e giornali amici ieri tratteggiassero chissà quale valanga rossa, è arrivato uno schemino di Youtrend, facilmente consultabile sugli account social del magazine dell'Agenzia Quorum, per capire come stanno le cose. Perché i conti sulle amministrative si fanno sull'aggancio dei due turni. E se i demeriti del centrodestra stanno tutti lì ben visibili, tra liti, sintesi mancate sui candidati, non è che il centrosinistra abbia vinto Wimbledon in tre set. Anzi, tutto il contrario. Lo schema di Youtrend viene calcolato sui 142 comuni superiori ai 15 mila abitanti. Ecco il consuntivo. Al primo turno, il centrodestra ne vince 37, il centrosinistra 21. Al secondo turno, il centrodestra ne vince 21 e il centrosinistra 17. In totale, 58 per il centrodestra e 38 per il centrosinistra. Nel novero di tutto, peraltro, vanno considerate anche le batoste di Palermo, L'Aquila e Genova, perse malamente al primo turno. Dunque, al di là della parentesi di aria fresca sui capoluoghi di provincia arrivata domenica, la situazione per il centrosinistra è quella che è, ossia non positiva.

 

 

E il Pd se festeggia sul proprio risultato individuale, non può fare altrettanto nell'ottica di perno e traino di una coalizione. Semplicemente perché quest'ultima, al momento, non c'è. La tornata elettorale ha interferito sulla geografia politica dell'area sinistra. Sotto tanti punti di vista. Il principale è il disastro del Movimento 5 Stelle al primo turno, soprattutto nelle piazze meridionali dove Conte aveva puntato molto del suo messaggio basato sulla roboante rivendicazione del reddito di cittadinanza. Il punto subordinato è la scissione di Luigi Di Maio, che probabilmente rafforzerà l'orientamento a sinistra del soggetto pentastellato, dove Conte ormai non soffre più del contraltare dimaiano. Di converso, poi, c'è l'incognita centro. Il primo turno ha segnato una certa vitalità dell'area, per quanto sia difficilmente scindibile il valore aggiunto realmente portato da Azione di Carlo Calenda rispetto a progetti civici preesistenti e dunque rodati. Comunque, l'ex ministro dello Sviluppo del governo Renzi rivendica i suoi numeri, in continuità con la performance convincente di Roma 2021.

 

 

Dunque, per Letta ora si pone il tema di quale coalizione costruire. Verso il centro il dialogo più agevole è senz' altro con Luigi Di Maio (per quanto il suo Insieme per il Futuro, che peraltro cambierà anche nome, dalle primissime rilevazioni, ancora tutte da dimostrare, è accreditato di numeri bassissimi). Più complicato il confronto con Renzi e Calenda, mentre rimane un'incognita la piega che prenderà quell'area che vede nel sindaco di Milano Beppe Sala un punto di riferimento (anche se il diretto interessato ha smentito un impegno diretto). Di certo, il progetto con il Pd è già avviato, ma lo schianto pentastellato al primo turno anche al Nazareno ha sollevato più di un dubbio se il campo largo sia effettivamente futuribile. Al primo turno, lo schema «o di qua o di là» è l'opzione che si propone sul tavolo di Letta. E la scelta, specie nella prospettiva di una fase di allargamento delle disuguaglianze sociali, vale tutto il progetto.

 

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