Il no del M5S alle armi in Ucraina rischia di far esplodere il governo. Si prova a ricucire lo strappo per salvare Draghi
No all’invio di nuove armi all’Ucraina. Messo nero su bianco. È il passaggio, inserito in una bozza di risoluzione a cui stanno lavorando una parte dei senatori M5s in vista del voto che si terrà in Aula a palazzo Madama martedì prossimo, dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi sul Consiglio Ue del 23 e 24 giugno, che rischia di far deflagrare la maggioranza (e i 5 stelle). «Si impegna il governo a non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, a ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica», si legge nella bozza dei pentastellati, circolata in mattinata e che ha subito fatto salire la tensione all’interno del Movimento, con il Pd che avverte: «No a fughe in avanti».
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Ma il nodo dell’invio di armi resta un tema bollente, che mette in allarme le altre forze di governo, con il rischio che al Senato, dove gli equilibri numerici sono più fragili, si possa andare alla conta. Proprio per evitare questo scenario, ieri il sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola ha riunito la maggioranza con l’obiettivo di arrivare a una risoluzione condivisa. Una nuova riunione dovrebbe tenersi lunedì, alla vigilia dell’appuntamento con l’Aula. E dopodomani si dovrebbe affrontare la questione dell’invio delle armi: l’orientamento nella maggioranza, per ridurre al minimo i rischi, è di stilare un testo molto snello, in cui ribadire il sostegno dell’Italia all’Ucraina, l’adesione di Kiev e altri paesi all’Ue, la necessità di procedere alla riforma del patto di stabilità, nonché la richiesta di strumenti fiscali comuni, energia e riforma dei trattati.
Ma la notizia di un documento alternativo scompagina le carte e preoccupa il ministro degli Esteri, al centro di un aspro confronto tutto interno al Movimento. «Un presidente del Consiglio che deve andare a un tavolo europeo così importante deve avere il Paee dalla sua parte, deve avere la coalizione di maggioranza compatta dalla sua parte e aggiungerei anche l’opposizione», premette Luigi Di Maio. Che poi mette in guardia: «Ho letto che c’è una parte dei senatori M5s che avrebbero proposto una bozza di testo della risoluzione che di fatto ci disallinea dall’alleanza Nato e dall’Ue. La Nato è un’alleanza difensiva e se ci disallineiamo dalla Nato mettiamo a repentaglio la sicurezza dell’Italia, non ce lo possiamo permettere». E «alle cattiverie e all’odio che vedo rivolgermi per aver posto un tema importante, quello della collocazione geopolitica, io rispondo col sorriso e il lavoro», aggiunge, non dimenticando di osservare che «se uno pone un tema sulla politica estera e qualche dirigente risponde con attacchi personali» vuol dire che «c’è una deriva preoccupante per il Movimento 5 stelle che vede una radicalizzazione politica».
La preoccupazione, mista a irritazione, accomuna il Partito Democratico: «I partiti di maggioranza stanno lavorando a un testo unitario», garantisce in mattinata la presidente della commissione Difesa del Senato Roberta Pinotti. Poi però la confusione inizia a regnare sovrana, e i dem a palazzo Madama sono costretti a lanciare un avvertimento: «Qualsiasi fuga in avanti o iniziative parziali rischiano di complicare il lavoro».
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