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Giorgia Meloni vola grazie ai giovani, il sondaggista Fabrizio Masia (Emg): "Il fenomeno non si sgonfierà"

Camillo Barone
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«Il primo fenomeno importante che si è visto è il superamento della Lega da parte di Fratelli d'Italia praticamente ovunque. Il secondo dato da registrare è una forte affermazione di consenso per le liste civiche, comprese quelle perdenti, e questo è vero tanto al Nord quanto al Sud. Il terzo elemento forte è un consenso elevato per le liste centriste soprattutto al Sud, più rilevante di quanto lo sia nei sondaggi nazionali. Il famoso centro dell'area moderata dunque esiste eccome, anche se a livello nazionale con l'attuale legge elettorale è svantaggiato»: a parlare è Fabrizio Masia (in foto) , amministratore delegato di Emg-Different, società di sondaggi che ha curato i risulatati di questa tornata elettorale per la Rai.

Masia, quali sono le fasce elettorali che hanno favorito Fratelli d'Italia?
«Si tratta di un elettorato molto giovane, ma anche middle-aged, quindi tra i 35 e i 54 anni. Se andiamo a vedere i risultati pregressi di FdI negli stessi comuni le percentuali sono aumentate fino a toccare punte otto volte superiori rispetto al 2017».

Secondo lei è dietro l'angolo il rischio di eclissarsi rapidamente come avvenuto a Renzi e Salvini, protagonisti dei «boom» più recenti?
«È ancora tutto da verificare. Renzi ha avuto una storia diversa da quella di Salvini, e Salvini a suavoltahaunpassato non sovrapponibile a quello della leader di FdI. Giorgia Meloni è una donna e questo fattore rappresenta senza dubbio una peculiarità per gli italiani. Ha registrato nel tempo un consenso crescente senza precedenti: alle politiche del 2013 non arrivava al 2%, alle europee del 2014 è arrivata al 4%, nel 2019 al 6,5% e nei sondaggi di oggi è al 22%. La sua politica è stata apprezzata soprattutto per un certo grado di coerenza mantenuta nel tempo. L'elettorato italiano è diventato molto fluido, quindi tutto dipenderà dalla sua capacità di essere leader in questo momento storico. Un altro fattore sarà poi vedere con quale legge elettorale voteremo alle Politiche del 2023».

Crede ci siano delle possibilità che Giorgia Meloni non sia riconosciuta come futura leader di coalizione del centrodestra?
«Bisogna capire se pacta sunt servanda oppure no. Se la logica del centrodestra è sempre stata quella che il leader della lista che ottiene più voti è il candidato premier non sarebbe opportuno cambiarla. E poi non è detto che un'eventuale fusione tra Lega e Forza Italia per superare FdI sarebbe benvista dall'elettorato moderato di FI. E non è nemmeno sicuro che una fusione del genere supererebbe Fratelli d'Italia».

Su quali fattori può invece contare il Pd per il futuro?
«Grosso modo il dato che è emerso rispecchia i nostri sondaggi, ovvero che a livello nazionale il Pd si assesta al 21-22%. Il grande problema è sempre la legge elettorale. In un eventuale campo largo con il Movimento 5 Stelle il Pd non potrebbe contare su Calenda e Renzi, quindi o bisognerà creare una grande federazione di centro e ridimensionare l'M5S oppure si prospetta un periodo faticoso per Letta».

Per il Movimento 5 Stelle quella del 12 giugno è stata una disfatta tipica delle Amministrative come in passato o stavolta ci sono segnali di un partito vicino al declino?
«Al momento il M5S vale il 13%. Sul piano nazionale ci sono degli elementi di tenuta su alcuni valori peculiari. Non vedo quindi una débâcle definitiva dopo queste elezioni».

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