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Elezioni amministrative 2022, il M5S fa flop ovunque. I dati del crollo: che fine fanno i grillini

Christian Campigli
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Un crollo verticale. Che non può essere giustificato solo con l'unto e consunto “tabù amministrative”. E che rischia di apporre la parola fine su quello che, ancora oggi, è il gruppo politico più rappresentato in Parlamento. Il Movimento Cinque Stelle si lecca le ferite dopo la clamorosa sconfitta all'ultima tornata elettorale. E si interroga sul proprio futuro. Il cosiddetto “effetto Conte” non ha affatto limitato le perdite. A Palermo, storica roccaforte dei Grillini, il candidato dell'alleanza col Partito Democratico ha perso al primo turno. E la lista del Movimento non è andata oltre un misero 7,6%. Un risultato pessimo, che si somma al 4,4% di Genova (città natale di Beppe Grillo), il 4,3% di Taranto, il 4,2% di Messina, l'1,8% di Pistoia e lo sconcertante 0,71% raccolto a L'Aquila.

 

 

Conte non si nasconde e ammette la sua “insoddisfazione”. Nei prossimi giorni sono previsti una serie di incontri, per dare il via ad una nuova riorganizzazione. La sensazione è che serva ben altro, oltre alla nomenclatura. Un tonfo simile è un evidente segnale politico. Gli elettori che regalarono a Luigi Di Maio e soci il 33% nel 2018 sono profondamente delusi. E non si riconoscono più nelle scelte portate avanti in questi anni dai Cinque Stelle. L'Avvocato del Popolo si troverà di fronte ad un bivio, già nelle prossime settimane. Una decisione da prendere, che riguarda l'appoggio, fino ad oggi incondizionato, assicurato al governo Draghi. Un sostegno mantenuto anche di fronte a delle scelte (vedi, l'invio di armi in Ucraina) ideologicamente antitetiche alla politica del Movimento. Ha senso uscire oggi dall'esecutivo, con inflazione, costo del carburante e spread alle stelle?

 

 

Il primo contraccolpo sarebbe la fine dell'alleanza col Pd. La seconda, logica conseguenza, imporrebbe ai Cinque Stelle di presentarsi da soli alle elezioni. Enrico Letta, in queste ore convulse, ha difeso a spada tratta il campo progressista. Nonostante siano in molti, Andrea Marcucci in primis, a chiedere al segretario pisano di abbandonare Conte e di guardare a possibili collaborazioni con Matteo Renzi e Carlo Calenda. In un contesto di oggettiva difficoltà, l'inquietante ombra di Alessandro Di Battista. Pronto ad incarnare il “ritorno alle origini” di un Movimento che sembra aver smarrito la via.

 

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