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Roberto Giachetti annuncia il sì ai referendum sulla giustizia: “Un voto per battere la truffa della politica”

Pierpaolo La Rosa
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«La grande opportunità di questi referendum va oltre il merito dei singoli quesiti. Si dà, infatti, la possibilità ai cittadini di dire se questa giustizia gli va bene oppure no». Ad una settimana esatta dalla consultazione referendaria di domenica 12 giugno, il deputato di Italia viva, Roberto Giachetti, spiega le ragioni per cui è importante votare sì.

Onorevole Giachetti, che valenza hanno i quesiti referendari?
«Intanto, rappresentano per i cittadini un'occasione per non farsi più ingannare. Negli ultimi 30 anni, ed anche oltre, l'ultimo referendum sulla giustizia che si è tenuto è stato quello sulla responsabilità civile dei magistrati. In tutto questo periodo di tempo la politica ha sempre detto "faremo, cambieremo, attrezzeremo, aggiusteremo", ma l'unica cosa che ha fatto è stata una legge sulla responsabilità civile appunto delle toghe che ha truffato l'esito del referendum. Le vere riforme non sono state realizzate perché la politica è stata sotto scacco, sotto ricatto, da un lato della magistratura, dall'altro dell'informazione».

 



C'è un quesito che le sta a cuore?
«Tutti e cinque i quesiti sono importanti. Tra questi, secondo me, è di particolare rilevanza quello sulla custodia cautelare. La carcerazione preventiva è la fotografia di ciò che non va in questo Paese. La Costituzione afferma che ciascuno deve essere considerato non colpevole fino a sentenza definitiva e che nessuno può essere sottoposto a custodia cautelare prima dell'eventuale condanna, se non in casi eccezionali di necessità ed urgenza. Noi, però, abbiamo un terzo dei detenuti, in carceri peraltro sovraffollate, in attesa di giudizio, di primo o di secondo grado, ed una parte consistente di costoro sarà giudicata innocente. Sono mille, inoltre, le persone che ogni anno vengono risarcite per ingiusta detenzione: ditemi voi se sono poche».

Altro tema oggetto dei referendum, quello sulla separazione delle funzioni.
«La separazione delle funzioni offre la possibilità ai cittadini di dire che quando ci sono due squadre che giocano, quelle del pubblico ministero e della difesa, l'arbitro non deve andare nello spogliatoio dell'una o dell'altra squadra, ma deve avere un proprio spogliatoio. Se, poi, pensiamo che i magistrati si valutano da soli e che nel 99% dei casi si auto promuovono, il quesito sulla valutazione di professionalità delle toghe, con l'inserimento nei consigli giudiziari di avvocati e professori universitari, permette di incidere nei giudizi».

Sui referendum persiste ancora il silenzio...
«Questo è dovuto alla scelta, mai cambiata, di introdurre il quorum e, poi, al fatto che le forze politiche- e qui bisogna fare autocritica - molte volte in passato non si sono assunte la responsabilità di prendere una posizione. Il riflesso di tutto questo lo si vede nel segretario di un partito che si chiama democratico, Enrico Letta, che non appena i quesiti sono stati presentati ha manifestato subito la sua contrarietà, sostenendo che i referendum sono un modo per buttare la palla in tribuna. Non c'è, però, da stupirsi visto che il Pd è subalterno al Movimento 5 stelle ed alla sua impostazione giustizialista».

 

 

Perché, dunque, i cittadini dovrebbero recarsi alle urne il prossimo 12 giugno?
«Perché la malagiustizia è un qualcosa che può colpire chiunque. Nessuno può pensare di essere esentato dal rischio di finire da innocente nelle maglie della giustizia. La macchina non funziona ed ogni cittadino deve sapere che può capitare anche a lui. Enzo Tortora era una persona perbene ed è andata a finire come sappiamo: come Tortora ne ho conosciuti tantissimi e ce ne potrebbero essere molti altri. Occorre votare sì perché è l'unico modo per sollecitare una vera riforma della giustizia in senso garantista».

A proposito di riforme. Cosa ne pensa del testo Cartabia?
«Il merito della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, è stato quello di ribaltare totalmente l'approccio rispetto al suo predecessore Alfonso Bonafede. L'alleanza strategica tra M5s e Pd ha comunque creato un blocco che ha impedito di procedere con le riforme, a cominciare dalla prescrizione fino alla presunzione d'innocenza, passando per l'ergastolo ostativo e per il disegno di legge delega Cartabia, ora all'esame del Senato. Un provvedimento, quest'ultimo, in cui ci sono più titoli ed aspirazioni che interventi strutturali. Nel Partito democratico, a prevalere è una impostazione giustizialista al solo scopo di andare d'accordo con il Movimento5 stelle».

 

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