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Referendum giustizia, Maurizio Turco (Partito radicale): "Unica chance per tornare allo Stato di diritto"

Pierpaolo La Rosa
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«La giustizia in questo Paese non funziona, non c'è certezza del diritto e forse abbiamo superato il livello di guardia del rispetto dello Stato di diritto». È un grido d'allarme, quello lanciato dal segretario del Partito radicale, Maurizio Turco. Partito radicale che insieme alla Lega ha promosso i cinque quesiti referendari sulla giustizia sui quali si voterà il prossimo 12 giugno.

Qual è l'obiettivo finale dei referendum?
«C'è una sentenza del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, negli anni '80, in cui si sosteneva che a causa delle sue lentezze lo Stato italiano mettesse a rischio lo Stato di diritto. Dagli anni '80 ad oggi ce lo siamo giocato, lo Stato di diritto. I quesiti referendari sono il tentativo per invertire la rotta».

 

In tutto questo, come giudica il ruolo del Parlamento?
«Dobbiamo partire dal presupposto che i cinque quesiti segnalano la necessità di una inversione di tendenza, di una riforma profonda e radicale della giustizia. Il Parlamento è impotente e lo è da tempo, dal referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati e dal tradimento di quella che era stata la volontà popolare di oltre l'80 per cento degli elettori per il sì. Parlamento che poi rinunciò, all'inizio degli anni '90, tradendo la Costituzione, a delle prerogative irrinunciabili. C'è bisogno di un Parlamento che riconquisti quella forza che gli è data dalla Costituzione, di un potere legislativo che gli appartiene e che non deve condividere con altri poteri dello Stato. Il fatto che oggi ci troviamo di fronte ad una magistratura che vorrebbe indurre il Parlamento a scrivere le leggi in un certo modo è una intromissione che non possiamo assolutamente tollerare».

 

Quasi nessuno parla dei quesiti referendari.
«C'è un fatto nuovo: finalmente ci si è accorti in questo Paese che c'è la lobby del silenzio, come la chiama il segretario della Lega, Matteo Salvini. C'è qualcuno che censura il diritto dei cittadini ad essere informati». Il Pd lascia libertà di decisione ai suoi parlamentari, ma si schiera per il no... «Il Partito democratico è il vero partito conservator-reazionario di questo Paese. Loro sono sempre in prima fila, come se avessero una esclusiva della lotta antifascista in Italia, ma non hanno mai mosso un dito contro il Codice penale fascista. Quando facemmo un referendum per abrogarne alcune parti, loro erano contrari: evidentemente gli piaceva, il Codice Rocco. Sono sempre loro che hanno impedito di fare le riforme. Quello che siamo riusciti a costruire con Salvini è di una grande importanza politica e culturale. Il messaggio è che si può lavorare con gli avversari laddove ci sono in gioco le grandi questioni del Paese. Questo partito cosiddetto democratico ha un progetto anticostituzionale. Le prime parole di Letta in Direzione nazionale, qualche giorno fa, non sono state sui quesiti, ma sulla sua contrarietà ai referendum. Il referendum è, però, previsto dalla Costituzione. Il fatto è che loro hanno sempre contestato alla radice lo strumento referendario». 

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