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Dario Franceschini sgambetta Mario Draghi: la spinta sulle rinnovabili bloccata dai vincoli paesaggistici

Filippo Caleri
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Mentre la Commissione europea punta a mettere pannelli fotovoltaici sui tetti di ogni nuovo edificio europeo, e il governo Draghi punta a eliminare lacci e lacciuoli per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili (sole e vento in particolare), qualcuno anche involontariamente va contro il disegno. Non uno qualunque ma un esponente del suo governo: il ministro della Cultura Dario Franceschini che ha chiesto, con i suoi uffici il vincolo paesaggistico su una vasta area della provincia di Viterbo, che rischia di bloccare l’iter di una serie di progetti di parchi solari, per i quali i procedimenti amministrativi e autorizzativi sono già in corso. E che valgono 2 Gigawatt a regime, dunque già a partire dal 2023. Uno sgambetto forse non voluto del dicastero dei Beni Culturali che, come evidenziato nel corso di alcune Conferenze dei servizi legate all’attuazione degli investimenti, con la sua Soprintendenza per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, ha proposto l’apposizione del vincolo per la tutela del territorio del bacino del torrente Arrone. Un’area che comprende una serie di comuni come Montalto di Castro, Tuscania, Arlena di Castro, Tessennano, Latera, Viterbo, Cellere, Piansano.

 

 

Aree che hanno un alto valore paesaggistico e che meritano una tutela rafforzata. Ma il vincolo dei beni culturali ha un effetto immediato e negativo sul lato energetico. Che la guerra in Ucraina ha reso altrettanto meritevole di attenzione e protezione. Aspetto completamente dimenticato dalle rigide regole delle Soprintendenze e del dicastero dei Beni culturali. La semplice domanda per apporre il vincolo attiva, infatti, una serie di misure di salvaguardia immediatamente efficaci che congelano tutti i procedimenti amministrativi in corso per i progetti da realizzare sulle aree interessate. Il rischio conseguente, e altamente probabile, è che tutti i cantieri aperti per di impianti da fonte rinnovabile e per i quali non sia stata conclusa la Conferenza di servizi trovino opposto il no istituzionale. Certo il vincolo chiesto dal ministero può anche essere tolto, ad esempio dopo l’esito di una consultazione pubblica delle popolazioni che vivono nei territori interessati. Ma i tempi della burocrazia levano ogni speranza di vedere in funzione, in tempi brevi, gli impianti solari in questione.

 

 

Sì perché 30 giorni dopo la richiesta del vincolo scattano le cosiddette norme di salvaguardia, che gli danno effettiva efficacia per i successivi 180 giorni. Tradotto significa che, comunque vada, sarà sicuramente al sicuro il bellissimo territorio del viterbese ma un po’ meno la sicurezza energetica del Paese alle prese con una strategia di uscita, il più veloce possibile, dalla dipendenza del gas russo. Per i prossimi sei mesi, in mancanza di una diversa volontà del governo, i cantieri e i lavori entreranno in una fase di stallo e di attesa. Un ritardo che rischia di diventare punitivo per il sistema Paese che tra soli cinque mesi, metereologia permettendo, dovrà accendere le caldaie per riscaldarsi e continuare a produrre. Senza gas russo e senza valide alternative di fonti rinnovabili si rischia il razionamento. Di fatto già in programma. C’è una sola speranza: la Regione Lazio sarebbe orientata a respingere la richiesta di vincolo. Poi la palla tornerà comunque a Franceschini.

 

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