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L'irritazione del Cav con Meloni, vertice fallito nonostante il super regalo. Il retroscena della nuova lite nel centrodestra

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Niente da fare. Doveva essere il vertice del disgelo dopo lo "strappo" sul Quirinale. Ma, a quasi quattro mesi dall’ultimo incontro "de visu", a fine gennaio, fallisce il confronto chiarificatore tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. E il centrodestra torna al punto di partenza, «come se il vertice non si fosse svolto», per dirla con le parole di un colonnello di Fratelli d’Italia.

Il tema centrale di tensione appare, ancora una volta, la ricandidatura di Nello Musumeci a un secondo mandato alla presidenza della Regione siciliana, con la leader di Fratelli d’Italia che ne chiede l’ufficializzazione subito, mentre il segretario leghista e il Cavaliere prendono apparentemente tempo. Da FdI però sostengono - e la tesi viene messa nera su bianco in una nota - che Berlusconi, nel corso del vertice, abbia dato la sua «personale disponibilità» a candidare Musumeci. «Berlusconi ci ha fatto vedere un testo in cui dava l’ok alla ricandidatura di Musumeci», dicono da via della Scrofa.

Circostanza smentita dalle parti del Cavaliere, che, a fine vertice, fa trapelare «sorpresa e irritazione» per la nota di FdI. «FdI ha chiesto impegno per Musumeci, noi abbiamo detto che se ne riparla dopo le Amministrative - sostengono da Arcore -, anche se Berlusconi ha rivendicato un rapporto cordiale di stima con il governatore e si è impegnato a parlare di questa di altre ipotesi con il partito in Sicilia».

Il vertice a tre - Salvini ha lasciato Arcore un’ora prima di Meloni, ufficialmente per «impegni d’Aula» a Roma - si era concluso in un clima apparentemente cordiale, con Berlusconi che aveva regalato a ciascuno dei due ospiti alleati un quadro della sua collezione raffigurante una Madonna con bambino. «Una Madonna. Ne abbiamo tutti bisogno», aveva commentato Salvini.

n particolare, la nota diffusa dal partito di Giorgia Meloni è tutta un "cahier de doleances" nei confronti degli alleati, colpevoli, a giudizio di Fratelli d’Italia, di non cercare una «unità nei fatti» ma «solo nella forma». Nel comunicato poi si accusa direttamente il segretario leghista di aver bloccato l’annuncio della candidatura di Musumeci. «È sicuramente positivo essersi incontrati ma l’unità della coalizione non basta declamarla. Occorre costruirla nei fatti - si chiede -. Su 26 città capoluogo sono solo cinque, ma purtroppo importanti, le città in cui il centrodestra andrà diviso al primo turno ma restano ancora diversi nodi aperti». «Se è positiva la comune contrarietà ad una futura legge proporzionale per le elezioni politiche, restano ancora fumose le regole d’ingaggio sulle modalità con cui formare liste e programmi comuni», si aggiunge poi. «Fratelli d’Italia, nel confermare la sua indisponibilità a qualsiasi futura alleanza con il Partito democratico o Cinquestelle, confida nella stessa chiarezza da parte degli alleati, convinta che occorra essere uniti non solo nella forma ma anche nelle scelte, nei progetti e nei programmi». Il riferimento è al cosiddetto "patto anti-inciucio" chiesto più volte da Meloni agli alleati, oltre alle modalità di spartizione dei collegi uninominali del Rosatellum, che nel 2018, furono divisi tra i partiti sulla base dei consensi nei sondaggi.

Più concilianti, invece, le parole espresse dal Cavaliere ai giornalisti che attendevano davanti ai cancelli di Villa San Martino. Berlusconi ha sostenuto che il centrodestra funziona così com’è e che deve andare avanti unito, sottolineando che sono 21 su 26 le grandi città in cui si è stretto l’accordo in vista delle Comunali e che ai ballottaggi tutti hanno preso l’impegno di andare uniti. «Soltanto un pazzo potrebbe mandare all’aria la coalizione - ha detto -. È evidente che se si disunisse perderemmo le elezioni, vincerebbe la sinistra. Ci possono essere differenti posizioni su certi argomenti ma sull’argomento principale si vince se si è uniti. Non c’è disaccordo possibile».

Il presidente di FI ha poi rivelato che c’è l’impegno comune di tutti a costruire un programma politico di coalizione, come già avvenuto nel 2018, in vista delle Politiche. E ha annunciato che rilancerà FI con i «club delle libertà».

Dal fronte leghista, Salvini ha fatto trapelare di essere «molto soddisfatto» dal vertice. Salvini e Berlusconi avrebbero chiesto di rimandare il nodo Musumeci a dopo le Amministrative, ma FdI avrebbe insistito per avere subito l’ufficialità sulla ricandidatura del governatore: su questo nodo la trattativa si sarebbe bloccata. Secondo alcune fonti, Berlusconi avrebbe parlato di sondaggi disastrosi per Musumeci. Alla nota del partito di Meloni, Salvini, in ogni modo, ha fatto rispondere al coordinatore siciliano Nino Minardo. «La Lega sulla Sicilia non ritarda nulla, anzi a Palermo per prima ha ritirato il suo ottimo candidato sindaco pur di avere una squadra unita - ha sottolineato Minardo-. I dubbi su Musumeci non sono di Salvini o della Lega, ma semmai della netta maggioranza dei Siciliani stando ad esempio all’ultimo sondaggio pubblico di Swg, che lo vede purtroppo terz’ultimo per gradimento in tutta Italia. La Lega continua a sostenere lealmente la giunta Musumeci e a lavorare non per interesse di partito ma per il bene dei Siciliani, e la scelta sul futuro governatore verrà presa in Sicilia, non a Roma o a Milano, dopo le vittorie di Palermo e di Messina». 

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