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Mario Draghi, schiaffoni stellari a Conte. Dai rifiuti al Superbonus crepe nella maggioranza

Carlantonio Solimene
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Due auto lanciate a tutta velocità l’una contro l’altra. E l’impressione che nessuno dei due conducenti abbia la minima intenzione di sterzare. Sta assumendo questi contorni la sfida tra Mario Draghi e il Movimento 5 stelle. Ovvero tra chi oggi siede a Palazzo Chigi e chi occupava quell’ambitissima poltrona prima di lui, Giuseppe Conte.

Le ultime puntate sono state pirotecniche. In Cdm i ministri grillini, contrari alla norma che agevola il sindaco di Roma nella costruzione del termovalorizzatore, hanno deciso di astenersi sull’intero provvedimento. Si racconta che abbiano supplicato il premier si stralciare l’articolo incriminato o di riformularlo in una versione più «green», ma che Draghi abbia risposto con un secco no, senza neanche alzare la voce. Per tutta risposta Conte ieri ha vergato un post di fuoco sui social titolato «Non cediamo ai ricatti».

Il premier, dal canto suo, non è stato più morbido. Prima, nella conferenza stampa successiva al Cdm, ha sottolineato la portata del provvedimento - 14 miliardi - rivendicando di esserci riuscito senza lo scostamento di bilancio chiesto proprio dai 5 stelle. Poi, da Strasburgo, ha sferrato un nuovo attacco alla principale misura «contiana»: il Superbonus. «Non siamo d’accordo sulla validità di questo provvedimento» ha tagliato corto. «Il costo di efficientamento è più che triplicato, i prezzi degli investimenti per attuare le ristrutturazioni sono più che triplicati». Solo qualche settimana fa Draghi si era scagliato contro le truffe «permesse da chi, licenziando la misura, non ha previsto adeguati controlli».

Scontata la replica grillina: «Ci lascia abbastanza perplessi l’irricevibile perentorietà con cui il premier Draghi si è scagliato contro il Superbonus al 110%» hanno tuonato i senatori del M5s in commissione Industria. «È uno schiaffo sonoro - hanno sottolineato ancora - alla maggioranza che lo sostiene, visto che il Superbonus al 110% è nato grazie all’intuito del M5s ma ora trova il favore incontrastato di tutto il Parlamento».

Non finisce qui. Perché, sempre ieri, alla Camera i grillini hanno formalizzato la richiesta di un’informativa di Draghi sulla crisi ucraina prima che il premier si rechi a Kiev - appuntamento ancora non fissato - e a Washington per incontrare Biden il 10 maggio. Draghi, nei giorni scorsi, aveva fatto trapelare la disponibilità a recarsi alle Camere di fronte a una richiesta della maggioranza. Le sue eventuali comunicazioni sarebbero seguite dal voto su una risoluzione. Che farebbe in quel caso il Movimento 5 stelle? Difficile prevederlo. Perché da un lato Conte mostra la faccia feroce: «Il premier ci dica se l’Italia sta con i falchi o con le colombe». Dall’altro ridimensiona le sue stesse parole: «Non ho nessun interesse a mettere in difficoltà il governo o a creare una crisi». Il ché, tradotto, significa questo: il Movimento ha raccolto milioni di voti nella sua versione antisistema. Ora, a un anno delle elezioni, non può permettersi di apparire troppo prono al premier banchiere. Ma, al tempo stesso, provocare una crisi in piena guerra rischierebbe di essere impopolare. I ricordi degli effetti del «Papeete» salviniano sono troppo freschi per essere ignorati.

E così si va avanti da separati in casa. Draghi di certo non ha voglia di cercare la mediazione. Non tanto - o non solo - perché il feeling umano con Conte è inesistente. Ma perché il carattere dell’uomo è quello: poco propenso al compromesso e alla cortesia istituzionale. Ne hanno fatto le spese tutti i partner di maggioranza, di destra e di sinistra. Salvini «bastonato» sulle vaccinazioni e Letta bocciato senza appello sulla tassa di successione ne sanno qualcosa.

L’unica certezza è che la tensione continuerà a salire e che Conte, man mano che il voto si avvicina, vedrà diminuire i distinguo sulla sua linea all’interno dei gruppi grillini. L’ora delle liste elettorali si avvicina e nessuno vuole irritare il capo. Il rischio è che, a furia di puntini sulle «i», l’incidente che faccia crollare tutto avvenga davvero. E solo allora si misurerà chi, tra i due contendenti, avrà vinto sul serio.

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