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Centrodestra, alta tensione per il caso Sicilia: l'ultimatum di Giorgia Meloni su Nello Musumeci

Daniele Di Mario
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Il centrodestra si specchia in Sicilia e vede riflessa un'immagine scomposta, in frantumi. Per ricomporla è sceso in campo il fondatore del centrodestra, Silvio Berlusconi, l'uomo che nel 1994 s' inventò la coalizione sdoganando la destra e il Carroccio, creando una coalizione di governo. È stato il leader di Forza Italia, pare sollecitato da Ignazio La Russa, a chiamare domenica sera Giorgia Meloni per convincerla a non annunciare strappi sulle candidature nei Comuni dell'isola, proponendo un vertice tra i leader dei partiti per risolvere la questione.

Il centrodestra si specchia in Sicilia, dunque, e vede riflessi tutti i suoi problemi: la questione della leadership, certo; ma anche la difficoltà nello scegliere insieme e per tempo candidati sindaci e governatori che siano competitivi e rappresentativi dell'intera coalizione. Senza contare l'incomunicabilità tra i leader, in particolare tra il segretario leghista Matteo Salvinie il presidente FdI Meloni.

La questione siciliana, nella sua complessità è semplicissima: Fratelli d'Italia vuole ricandidare il presidente uscente Nello Musumeci alle regionali di ottobre. I responsabili locali di FI e Lega sull'isola, Gianfranco Miccichè e Antonino Minardo, non ci pensano neppure a dare il proprio sostegno, in compenso vogliono però che FdI sostenga i loro candidati sindaco a Messina e Palermo, dove domenica è stato presentato ufficialmente Francesco Cascio, fedelissimi del plenipotenziario azzurro in Sicilia Miccichè. FdI, dal canto suo, lascia intendere di preferire il candidato dell'Udc Lorenzo Cesa, Roberto Lagalla. Una frattura che, se si consumasse, potrebbe impedire a Cascio di arrivare al ballottaggio.

Tutto è ancora in ballo. FdI, per trovare l'intesa, pretende lealtà dagli alleati sulla ricandidatura di Musumeci, mentre Lega e FI preferirebbero l'ex sindaco di Messina Cateno De Luca. Di qui il blitz di Berlusconi e la telefonata alla Meloni per evitare una frattura che avrebbe conseguenze rilevanti sul piano nazionale, come lascia intendere la stessa Meloni in una intervista a Libero. «Siamo sempre stati disponibili a fare un passo indietro su nostri candidati purché non si mettesse in discussione un principio valso finora: gli uscenti che hanno lavorato bene, non hanno problemi e vogliono ricandidarsi, sono confermati. Oggi si chiede di rimettere in discussione questo principio nel caso di Nello Musumeci, forse colpevole di essersi avvicinato a Fratelli d'Italia. Così non va», spiega la leader di Fratelli d'Italia, che aggiunge: «Il tema è il rispetto delle regole che ci siamo dati finora. Se dovesse saltare in Sicilia il principio della ricandidatura degli uscenti, non si vede perché dovrebbe essere mantenuto altrove. Mi auguro prevalga il buonsenso e si possa raggiungere un accordo».

Dagli alleati la Meloni torna a pretendere lealtà, ribadendogli la richiesta «di firmare un impegno solenne a non fare accordi post-elettorali fuori dal centrodestra. Fdl lavora per scrivere un programma di governo e dare voce alla maggioranza di italiani che sono di centrodestra e meritano dignità. È tra gli obiettivi della conferenza programmatica di Milano». «Oggi (ieri ndr.) non ci siamo sentiti», con Lega e Forza Italia, «è una giornata non lavorativa, ma mi aspetto domani (oggi ndr.) di avere decisioni importanti», confida il vicepresidente del Senato ed esponente di spicco FdI Ignazio La Russa. Malgrado LaRussa abbia riferito che, nel colloquio con Meloni, Berlusconi abbia «prospettato una conference call di vertice con anche Matteo Salvini», allo stato non vi sono segnali che questo colloquio possa svolgersi a livello di leader. IIl segretario leghista non ha contatti con la Meloni dalla rielezione di Sergio Mattarella, il 29 gennaio. «La linea di Salvini è che in Sicilia decidono i siciliani- si ripete da via Bellerio - Quindi, eventuali vertici o call vedranno coinvolti i dirigenti della Lega in Sicilia a partire dal coordinatore regionale Nino Minardo».

Ed è tranchant la risposta che i vertici leghisti danno a chi chiede un commento alle minacce di FdI di non appoggiare una eventuale ricandidatura del leghista Attilio Fontana. «In Lombardia, si vota nel 2023», tagliano corto. Anche da Arcore trapela che nelle prossime ore non sono in programma riunioni di coalizione, ma di elezioni amministrative si parlerà oggi in una riunione dipartiti convocata da Antonio Tajani e dalla responsabile dei rapporti con gli alleati Licia Ronzulli alla quale parteciperanno i capigruppo in Parlamento e i coordinatori regionali.

Nel corso del colloquio con Meloni - viene riferito - Berlusconi domenica si sarebbe impegnato ad affrontare il nodo Sicilia nel suo partito, attraversato al suo interno da alcune divisioni. Bisogna andare uniti, perché divisi siamo più deboli, avrebbe assicurato, ascoltando le rimostranze della leader di FdI, non entrando però nei dettagli della questione. In via della Scrofa il malcontento verso l'atteggiamento degli alleati è forte, mentre restano altre criticità come su Verona (dove FI sostiene l'ex leghista Flavio Tosi, e non il sindaco uscente di FdI Federico Sboarina), Viterbo e Parma. Le sorti delle candidature in Sicilia e il destino del centrodestra nazionale sono quindi demandate a un vertice tra i leader mai così necessario dopo la frattura parlamentare avvenuta con la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale mai rimarginata e seguita da altri incidenti che rendono il chiarimento necessario e non più rinviabile. 

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