La vera festa del 25 aprile è l'8 maggio: totalmente dimenticato il Victory in Europe Day
Ci si accapiglia ogni anno per il 25 Aprile, ma - prigionieri di un passato ancora ingombrante e divisivo - si finisce per dimenticare un’altra data storica fondamentale: il cosiddetto V-E Day, che sta per Victory in Europe Day, è infatti un anniversario quasi totalmente ignorato in Italia. Eppure la data dell’8 maggio è una di quelle da cerchiare in rosso sul calendario, perché segnò la fine della seconda guerra mondiale sul fronte europeo, dopo l'atto di capitolazione militare della Germania nazista firmato a Reims il giorno precedente, con le truppe tedesche che deposero ovunque le armi: a Praga si arresero ai sovietici dopo una battaglia finale che era costata ai due eserciti decine di migliaia di soldati; ma anche a Copenaghen e a Oslo; a Karlshorst, quartiere di Berlino, come nel nord della Lettonia. Fu il generale Jodl, nominato capo di stato maggiore tedesco dopo il suicidio di Hitler, a firmare la resa incondizionata agli eserciti alleati, il cui comandante supremo era Eisenhower.
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Fu poi necessaria, però, una seconda cerimonia, alla presenza anche di una delegazione sovietica: Stalin pretese infatti che la resa ufficiale avvenisse in presenza del generale Zhukov, considerando quindi quello di Reims solo come un atto preliminare, e spostò la data della resa tedesca, visto che il protocollo finale venne firmato a Berlino quando a Mosca era già il 9 maggio. Da qui nacque il Den’ Pobedy, ossia la Giornata di festa russa per la fine della Grande guerra patriottica, una ricorrenza di cui si sta parlando molto soprattutto quest'anno per la voglia matta di Putin di celebrarla prima a Kiev e ora - fallita la guerra lampo di conquista dell’Ucraina - nella città martire di Mariupol. Questa discrepanza di date rappresenta sempre più, alla luce degli ultimi avvenimenti, un discrimine storico e anche ideologico per il Vecchio Continente, ed è significativo che l'Ucraina dal 2015 abbia scelto di festeggiare la vittoria sul nazismo non più il 9 come a Mosca, ma l’8 maggio, in linea con quanto accade in quasi tutti i Paesi dell'Europa occidentale (tra cui Gran Bretagna e Francia) tranne, appunto, l'Italia.
Noi, di fatto, la fine della seconda guerra mondiale non la celebriamo. Ci limitiamo a ricordare il 25 Aprile, la data scelta dal Cln perché proprio quel giorno partì l'appello per l'insurrezione armata di Milano, sede del comando partigiano. Ma la festa che avrebbe dovuto costruire una memoria condivisa nel segno della Liberazione e della libertà è diventata invece un continuo terreno di scontro per la pretesa della sinistra di farne strumentalmente un proprio feudo identitario, e quest’anno è segnata anche dalle polemiche per la controversa posizione dell'Anpi sull’appoggio alla Resistenza del popolo ucraino. Ma, al di là delle dispute di casa nostra, potrebbe essere proprio la guerra scatenata da Putin con l’intento di ripristinare insieme all’impero sovietico la vecchia cortina di ferro, l’occasione per dichiarare l’8 maggio festa comunitaria, restituendo così una dimensione europea alle vicende del secondo conflitto mondiale e aggiungendovi un corollario indispensabile: festa europea contro i totalitarismi di ogni colore.
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