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Sfida Macron-Le Pen, Enrico Letta s'inventa l'apocalisse

Pietro De Leo
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Il vizio è sempre quello: demolire, attaccare, stigmatizzare l’avversario ideologico nelle partite elettorali straniere. Dipingere sfaceli e drammi se vince x o y, che ovviamente sono sempre i candidati dell’universo identitario e conservatore. È il vecchio vizio del Pd, ben uso a cospargere moralismo ovunque, in casa e in trasferta. Così, ieri, Enrico Letta ha dipinto una specie di apocalisse nel caso in cui, in Francia, dovesse vincere Marine Le Pen. Parlando al programma di Lucia Annunziata "Mezz’ora in più", ha avvertito che ciò sarebbe «un terremoto politico senza precedenti in Europa, una cosa mai vista». Poi ha rincarato: «Sarebbe una cosa che sfascia l’Europa perché tutte le cose che la Le Pen ha sempre detto e pensato sono il contrario, l’opposto dell’integrazione europea. Questo avrebbe un impatto enorme anche su di noi. Ecco perché mi auguro ardentemente che non vinca». Venerdì invece, parlando a una due giorni di Skytg24 aveva detto: «In Francia votano e Putin si frega le mani guardando i sondaggi». E poi aveva aggiunto: «Se ci fosse, non tanto domenica al primo turno ma al secondo del 24 aprile, una vittoria di Marine Le Pen sarebbe il più grande successo di Putin: potrebbe anche fermare i carri armati, avrebbe vinto la battaglia principale, sarebbe entrato nel cuore dell’Europa con i suoi amici, cioè Le Pen».

Che poi questa del fatto che Putin potrebbe fermare addirittura i carri armati come provocazione non è granché, perché evidentemente non tiene conto dell’enorme portata ideologica, politica ed economica (basti vedere ai giacimenti minerari attorno al Mar d’Azov), alla base di una guerra che tanto orrore sta causando in Ucraina. Ben poco rispettoso, per il capo di una forza politica che si è sempre autoattribuita quarti di nobiltà intellettuale. Lo schema, comunque, è sempre lo stesso. Nel confronto intorno alle elezioni in Francia la mostrificazione dell’avversario prevale sulle riflessioni intorno a quel che è capitato all’area politica con maggiori analogie. Nello specifico, i socialisti francesi, ridotti a uno stato quasi comatoso, con la bandiera difesa dalla sindaco di Parigi Anne Hidalgo ma con risultati disastrosi. Infatti, è stata superata persino dal candidato della sinistra radicale Melenchon.

Verso la Francia accade quel che accadde, per esempio, con la Brexit, a proposito della quale i progressisti di casa nostra preventivarono da un lato uno scenario di rovina per la Gran Bretagna e dall’altro la fine della carriera per Boris Johnson. Circostanze che, né l’una né l’altra, si sono verificate. E che dire di Donald Trump? Per tutto il suo mandato è stato dipinto come una sorta di dottor Stranamore, l’uomo che avrebbe portato il mondo nella Terza Guerra Mondiale. La Casa Bianca nelle sue mani era una sorta di aereo più pazzo del mondo. Risultato? Oggi siamo a qui a chiederci quale sarebbe stato l’andamento della guerra in Ucraina senza le sgrammaticature verbali di Biden. Così come ci chiedemmo, al tempo di Obama, che livello avrebbe avuto la crisi migratoria senza le primavere arabe. Domande che nell’emisfero sinistro della politica non si pongono mai. Perché i progressisti, si sa, non sbagliano per definizione.
 

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